La mia non classifica musicale del 2018

La non classifica musicale del 2018

Non è una classifica vera e propria, ma soltanto i dischi che ho maggiormente ascoltato del 2018. Mi sono goduto perché alcuni sono album di musicisti che ho scoperto, grazie agli amici o leggendo alcuni blogger. Le autrici hanno avuto una presenza importante, che sia il “girl power“, come dice Anna? Direi proprio di sì. Scrivendo questo post ho notato che più di qualcuno dei musicisti, ha voluto scrivere la propria situazione nell’America di Donald Trump. Quest’anno ho avuto il piacere di essere presente a dei concerti straordinari: Roger Waters, LCD Soundsystem, Beach House e Le Luci della Centrale Elettrica ecc. Un grazie speciale a Giulio, il mio giovane adolescente, che si è fidato nel venire con la banda dei musicofili ai concerti.

Amen Dunes – Freedom

Avere qualcosa da raccontare di personale, vuol dire essere un cantautore. Questo americano ci è riuscito.
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Beach House – 7

Un album fra musica elettronica e rock per ottenere dei suoni interessanti, cantati da una voce femminile sognante.
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Dead Can Dance – Dionysus

Album straordinario, con delle ritmiche pazzesche, ispirato alla mitologia greca ed agreste. Il duo australiano mi ha portato in giro per il mondo con strumenti etnici e non. In attesa per il concerto a Milano.
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David Eugene Edwards & Alexander Hacke – Risha

Un americano e un tedesco che hanno inciso un disco pieno di rock indipendente, libero e di grandi canzoni.
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Federico Fiumani & Alex Spalck – Il primato dell’immaginazione

Album interessante, forse più nel progetto che nella realizzazione. Sono stati i protagonisti (a loro non piacerà) della new wave Fiorentina degli anni’80.
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Julia Holter – Aviary

Se devo pensare alla fantasia e all’originalità in un album, non ho alcun dubbio: è questo.
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Interpol – Marauder

Rock indipendente che parte dal post punk anni’ 80. Non male.
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Mark Lanegan & Duke Garrwood – With Animals

Un blues viscerale con venature acustiche ed elettroniche, cantato con una voce profonda e vissuta. Un connubio dei due musicisti molto riuscito.
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Low – Double Negative

L’album che più mi ha appassionato, che più mi ha sorpreso e lasciato senza parole. Un analisi dei tempi “Trump” sottoforma di musica. Magnetico e profondo. Duro e lieve. A volte sembra di ascoltare una sorta di scultura sonora, con svariate sfaccettature. Alcuni brani non rispettano la struttura – canzone, per avere qualche riferimento siamo al confine di un rock indipendente ed elettronico. Questo è davvero il mio Album del 2018.
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J Mascis – Elastic Days

Bello, acustico ed intimo. Il leader dei Dinosaur Jr rifinisce un album esplorando acusticamente la sua sfera personale. Fra gli ospiti anche Pall Jenkins dei The Black Heart Procession.
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Moby – Everything was Beautiful, and Nottingham Hurt

Vi sono molti ospiti alle voci nell’ultimo disco di Moby. Mi è piaciuto abbastanza ma non come gli altri suoi dischi precedenti, gli riconosco una sorta di rabbia e di disillusione, sarà che pure lui è ‘merigano?!?

Mouse on Mars – Dimensional People

Elettronica sperimentale, mah?!? Mi sa che non l’ho capito. Riproverò ad ascoltarlo.

John Parish – Bird Dog Dante

Parish è sia produttore che musicista, una sorta di cantautore che ha sempre deciso di seguire una sua strada personale e in questo album ho trovato canzoni rock nuove rispetto a quello che offre il panorama musicale attuale. Fra i gioielli sonori spicca la canzone dedicata a Mark Linkous degli Sparklehorse, cantata da P. J. Harvey.
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Preoccupations – New Material

Sono un quartetto canadese e il loro stile musicale nasce dal post punk anni’80, ma non c’è alcuna operazione nostalgica. Mi sono piaciuti molto per la loro modernità, per le ritmiche ripetitive e per gli intrecci melodici fra gli strumenti. I quattro canadesi definiscono la loro musica come una sorta di labirinto sonoro e credo che sia proprio così. Un gruppo che “spacca“.
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Marc Ribot – Songs of Resistance

Un album di “resistenza” ai tempi dell’era Trump, registrato che sembra di avere in salotto il chitarrista e i suoi musicisti. Marc Ribot è conosciuto per essere il chitarrista di Tom Waits, ma ha una ha inciso molti album solisti, che spaziano in svariati stili musicali, di fatto è un chitarrista classico e sperimentale allo stesso tempo. Ribot ha sentito l’esigenza di raccontare la sua resistenza ad una America “trumpiana“, utilizzando stili musicali diversi fra loro (blues, folk, jazz, rap e persino punk). Il brano che ha fatto da apripista è la nostra Bella Ciao, cantata da Tom Waits! Album imperdibile come quello dei Low.
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Sparkle in Grey – Milano

Un collettivo musicale italiano davvero davvero molto interessante. Hanno creato un loro universo musicale originale. Musicalmente il gruppo, tanto per dare dei riferimenti, mescola i generi e gli stili musicali della scena indie.
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Tracy Thorne – Record

La cantante inglese ha composto un album particolarmente leggero su musiche disco dance, ma è solo un pretesto per cantare la condizione femminile e per dire che le Donne sono vive. Se si vuol ballare e divertirsi con intelligenza.
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Jonathan Wilson – Rare Birds

Un disco caldo e molto estivo, registrato molto bene alla vecchia maniera: come essere all’inizio degli anni’70 della West Coast. Wilson sicuramente si ispira a quel periodo ma il disco suona attuale. Il cantante e chitarrista ha suonato sia nell’ultimo album di Roger Waters, che nel tour di quest’anno dell’ex bassista dei Pink Floyd.
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Wooden Shjips – V.

Un rock psichedelico che si sviluppa in melodie atmosferiche, per accompagnare viaggi immaginari verso chissà quali nebulose. Piacevolmente estivo.
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Neil Young – Roxy

Direttamente dagli archivi live del musicista canadese. Suonato come se fossimo al Roxy. Non occorre aggiungere altro se amate Tonight’s The night.
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La mia non classifica musicale annuale degli anni scorsi è qui.

BlacKkKlansman di Spike Lee

Finalmente il regista afroamericano Spike Lee è tornato: sceglie di dirigere un film sui rapporti razziali negli USA. Lo fa portandoci a Colorado Springs all’inizio degli anni’70. Il racconto è tratto dal libro scritto da un ex poliziotto di colore, Ron Stallworth. Lo “sbirro” riesce ad inventarsi una missione per infiltrarsi in una cellula violenta del movimento razzista del K. K. K. La storia è diretta estremamente bene dal regista, dosando aspetti storici e sociali, ma non rinunciando ad una certa ironia. Non manca la tensione durante il film, specialmente nel beffardo finale della storia raccontata; ma Spike Lee non si ferma ai fatti del film e al suo finale: ci catapulta agli ultimi fatti di violenza drammatica subiti dai manifestanti americani contro il razzismo.

Sicuramente il film ha una ottima sceneggiatura che va di pari passo con un montaggio di grande livello. Non si possono non ricordare tutti gli attori che recitano perfettamente la loro parte, sia i protagonisti che i comprimari.

BlacKkKlansman trailer ufficiale

Voto

ciack 4 voto film

Benvenuti in america

La copertina della rivista Time.

Restiamo umani?

Si, restiamo umani.

The Black Angels Brescia 07/06/2017

The Black Angels Brescia

Seconda sera in Latteria per The Black Angels da Austin, Texas. Devo riconoscere che attendevo con molta curiosità la band americana di vintage rock psichedelico. Penso che non sarò deluso dal loro suono ritmato e ricco di sfumature acide.
Salgono i cinque musicisti. Inizia il concerto, frastornati dai suoni, dalle luci e dalle immagini di sfondo: un vortice magnetico in cui si resta trascinati.

Questo è il tour di Death Song, album del 2017 ma registrato durante le campagna elettorale americana e le proteste verso Donald Trump. Fra i brani nella scaletta del concerto c’era Comanche Moon, dedicata alla lotta dei nativi americani di Standing Rock contro il Dakota Pipe Line.

Il muro del suono della band è straordinario: ritmi che ti si appiccicano in testa, chitarre che ti guidano in cavalcate mozzafiato.
La voce ipnotica che accompagna le canzoni è spettrale e sembra provenire da garage rock.
Spesso i chitarristi si scambiano i ruoli e gli strumenti fra loro: si nota subito che c’è molta intesa. Sono concentrati e felici di creare un muro sonoro colorato e potente per il pubblico.
Gran audio nel locale: come sempre del resto.

Secondo concerto del “triplete” della musica dal vivo della stessa settimana. La sera prima avevo visto Cat Power.

Il post continua con altre foto che ho scattato ai singoli musicisti, durante il concerto.

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Ci vorrebbe un fiore anzi no … – Gianni Rodari e Sergio Endrigo

Chi non si ricorda questa splendida canzone per bambini? Probabilmente, molte persone non hanno inteso il significato importante e semplice del testo scritto da Gianni Rodari, musicato da Sergio Endrigo ed arrangiato da Luis Bacalov.
La canzone descrive il ciclo di vita di un “qualcosa” che è un tutt’uno con l’ambiente: che sia un fiore, un albero, un monte o la Terra. Tutti siamo sullo stesso pianeta, respiriamo la stessa aria, beviamo la stessa acqua eppure non ci rendiamo conto degli impatti ambientali ad esempio dei prodotti industriali.
Pensiamo alle persone degli Stati Uniti d’America, hanno eletto un presidente che dalle sue azioni non sembra molto amico della Terra. Donald Trump ha nominato a capo dell’Agenzia a protezione dell’ambiente un negazionista del cambiamento climatico.

Rodari ci dice fra le righe di giocare con la fantasia e allora giochiamo: la fantasia al potere o contro il Potere.

Immaginiamo di prendere questa canzone e di cantarla in tutte le lingue della Terra.
Registriamola e spediamola a tutti gli abitanti del pianeta ma sopratutto ai “Grandi” governanti del mondo.
Facciamola sentire una volta, due volte, tre volte … e chissà che potrebbe accadrebbe?
Ci vorrebbe un fiore … anzi no, ci vuole un fiore per fare tutto!

Ci vuole un fiore
Le cose di ogni giorno
raccontano segreti
a chi le sa guardare
ed ascoltare.

Per fare un tavolo
ci vuole il legno
per fare il legno
ci vuole l’albero
per fare l’albero
ci vuole il seme
per fare il seme
ci vuole il frutto
per fare il frutto
ci vuole un fiore
ci vuole un fiore,
ci vuole un fiore,
per fare un tavolo
ci vuole un fio-o-re.

Per fare un fiore
ci vuole un ramo
per fare il ramo
ci vuole l’albero

per fare l’albero
ci vuole il bosco
per fare il bosco
ci vuole il monte
per fare il monte
ci vuol la terra
per far la terra
ci vuole un fiore
per fare tutto
ci vuole un fio-o-re.

Per fare un tavolo
ci vuole il legno
per fare il legno
ci vuole l’albero
per fare l’albero
ci vuole il seme
per fare il seme
ci vuole il frutto
per fare il frutto
ci vuole il fiore
ci vuole il fiore,
ci vuole il fiore,
per fare tutto
ci vuole un fio-o-re.

Insomma è una canzone per bimbi, ma di fatto è un esempio di economia circolare ante litteram, a opera di un trio di artisti ingiustamente dimenticati.

Riferimenti

Neil Young sta con i nativi di Standing Rock

Proteste Standing Rock NODAPLIn onore delle nostre future generazioni, noi combattiamo questo oleodotto per proteggere la nostra acqua, i nostri luoghi sacri e tutti gli esseri viventi.
Standing Rock.org

Purtroppo la storia si ripete con gli indiani d’America: pochi giorni fa è stato sgombrato il campo base dell’accampamento di protesta di Standing Rock. I nativi americani che vivono nella omonima riserva stanno contestando e cercando di bloccare pacificamente la costruzione dell’oleodotto Dakota Access Pipeline che attraverserà delle aeree fluviali e lacustri. I nativi sono molto preoccupati per l’impatto ambientale e ai possibili danni causati dall’inquinamento. Le proteste sono iniziate nel 2014 e hanno avuto una risonanza anche internazionale. Molte celebrità hanno dato il loro supporto e sono state a Standing Rock. Fra chi ha dato il suo contributo, non poteva mancare il rocker Neil Young. Il cantautore canadese ha dedicato una canzone alla battaglia di Standing Rock, tratta dal suo ultimo disco Peace Trail (2016).

L’album è stato definito un instant record perché affronta temi contemporanei su cui c’è un forte dibattito: la politica, l’ambiente da salvaguardare o la riflessione sul disinteresse delle persone. Il disco è diretto e scarno per testimoniare l’urgenza dei messaggi. Proprio il brano Indian Givers è a favore delle persone di Standing Rock e della loro causa. Il video della canzone è stato montato con reportage televisivi e riprese fatte con lo smartphone da Neil Young stesso. La canzone è un duro atto d’accusa verso i bianchi e l’ipocrisia che sta dietro alla costruzione del Dakota Access Pipeline. È noto che fra i finanziatori ci sono due banche europee: l’italiana Intesa Sanpaolo e l’olandese ING.

Greenpeace Italia ha lanciato una petizione per chiedere a Banca Intesa di non finanziare il Dakota Access Pipeline. [Si può firmare qui].

There’s a battle raging on the sacred land
Our brothers and sisters have to take a stand
Against us now for what we’ve all been doin’
On the sacred land there’s a battle brewin’
I wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
Now it’s been about five hundred years
We keep taking what we gave away
Just like what we call Indian givers
It makes you sick and gives you shivers
I wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
Big money goin’ backwards and ripping the soil
Where graves are scattered and blood was boiled
When all who look can see the truth
But they just move on and keep their groove
I wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
Saw Happy locked to the big machine
They had to cut him loose and you know what that means
Yeah, that’s when Happy went to jail
Behind big money justice always fails
I wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
Bring back the days when good was good
Lose these imposters in our neighborhood
Across our farms and through our waters
All at the cost of our sons and daughters
Our brave songs and beautiful daughters
We’re all here together fighting poison watersStanding against the evil way
That’s what we have at the end of dayI wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
I wish somebody would share the news
C’è una battaglia che infuria sulla terra sacra
I nostri fratelli e sorelle devono prendere posizione
Contro di noi per colpa di ciò che stiamo facendo
Sulla terra sacra una battaglia si avvicina
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Ormai sono cinquecento anni che
Continuiamo a tenerci quello che abbiamo portato via
E continuiamo a dirci, “che indiani generosi” (1)
Ti fa sentire disgustato e ti dà i brividi
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Il denaro torna indietro e lacera la terra
Cosparsa di tombe e dove il sangue ribolliva
Quando chiunque guarda può vedere la verità
Invece se ne va e torna alla sua vita
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Ho visto Happy incatenato alla grande macchina (2)
Dovevano dargli il benservito, sai cosa vuol dire
Yeah, fu così che Happy andò in prigione
Davanti ai soldi la giustizia perde sempre
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Torniamo ai giorni in cui il bene era il bene
Cacciamo questi impostori dal nostro quartiere
Dalle nostre fattorie e dai nostri fiumi
Ne va dei nostri figli e delle nostre figlie
I nostri coraggiosi figli e le nostre bellissime figlie
Siamo qui tutti insieme a combattere le acque avvelenate
In piedi contro il male
E’ quello che ci resta alla fine della giornataSpero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Spero che qualcuno condividerà la notizia
Note

(1) “Indian givers” è un’espressione che significa “persona che vuole riprendersi ciò che ha regalato”. Tale espressione nacque in America all’epoca dei colonizzatori europei e viene oggi ritenuta offensiva nei confronti dei nativi americani (Wikipedia). Non essendo possibile tradurla letteralmente, si è optato per una traduzione che rendesse lo stesso significato critico e ironico che costituisce il messaggio della canzone. Con l’espressione originale Young intende sottolineare che l’uomo bianco si comporta esattamente come coloro che ha sempre criticato e combattuto: i nativi.
(2) Young si riferisce ad un episodio avvenuto durante le proteste a Standing Rock. Dale “Happy” è un attivista che è stato arrestato per essersi incatenato alle attrezzature in segno di protesta.
Curiosità: Neil Young ha festeggiato il suo 71° compleanno suonando con gli indiani a Standing Rock.
Nota: Il testo e la traduzione sono del sito neilyoungtradotto.blogspot.it.

Pubblicato su Bioimita.

Tu dal tuo trono

Cielo

Tu che dal tuo trono annunci una nuova corsa all’armanento.

Noi invece qui e lontani, mi chiedo se guardi mai un cielo come questa mattina.

Tu che pensi di governare e comandare.

Noi invece qui e mi dico che sono e sarò lontano da te.

Tu che potresti avere un punto di vista diverso e invece mi pare il niente … ma vai a farti fottere.

I pugni di Donald Trump

Stavo sfogliando il supplemento speciale dell’Internazionale intitolato “Presidente Trump” e mi accorgo che fa il pugno, come se fosse di sinistra.

Resto sorpreso, poi ho capito, è lui che è aggressivo.