Radio Punk: come si intende oggi l’autogestione

Ho conosciuto il collettivo musicale di Radio Punk tramite Marco Pandin. Le persone di Radio Punk mi hanno subito incuriosito per la capacità con cui producono musica, il materiale informativo connesso dei gruppi del loro giro. Insomma una vera autogestione indipendente fuori dagli schemi, fuori dalle regole affaristiche discografiche.

Radio Punk logo

Domanda: Mi racconti come è nato Radio Punk?
Risposta: Radio Punk nasce nel 2011 dall’idea di formare una web-radio. Idea poi accantonata per far spazio alla webzine con news, recensioni, interviste e report. Nel 2016 nasce l’etichetta e distro e facciamo anche delle autoproduzioni, ora siamo molto attivi con le spillette ad esempio, che facciamo anche su commissione. Dal 2020 abbiamo rivoluzionato il sito rendendo la piattaforma libera a chiunque voglia proporci uno scritto di qualsiasi tipo, non solo sul punk. Purchè abbia a che fare col DIY e con le sottoculture. Adesso definiamo Radio Punk come un insieme di progetti, sempre in evoluzione. Attualmente i progetti sono appunto la webzine, la distro che portiamo ai concerti, l’etichetta con cui facciamo co-produzioni (siamo a circa una trentina ad oggi), il mailorder con cui gestiamo gli ordini visto che facciamo anche spedizioni di ciò che abbiamo in distro, le autoproduzioni, le playlist su Spotify molto utili per spargere il verbo tra i più giovani e altro ancora arriverà!

D: Di dove siete?
R: Siamo sparsi in giro per il globo, è una redazione “apolide”, siamo in 5 attualmente in collettivo, anche se ci piace considerare parte della ciurma anche chi scrive una sola volta, chi ci aiuta con le traduzioni, con qualche grafica e così via. Come distro invece per ovvi motivi è fisicamente in un posto, che è Bologna. Ma nessuno di noi è originario di Bologna, anzi, veniamo tutti dalle più disparate province italiane.

D: Cosa vuol dire oggi DIY (fare da sé)? Perché importante essere indipendenti?
R: DIY per noi è vita. è fare da soli, senza vincoli nè imposizioni. Ma soprattutto per noi è serietà, rispetto e vera autogestione. Fare da sè viene spessissimo confuso col fare poco e male. Per noi è cercare di fare qualsiasi cosa con amor proprio e senza sottostare a niente e nessuno. è importante essere indipendenti per il semplice fatto che “qual è il meglio per me, lo so solo io, qual è il meglio per te, lo sai solo tu” (citazione tratta da “Città Modello” dei Tear Me Down). Essere indipendenti, in sintesi è avere il totale controllo di ciò che si fa. Fare quello che si vuole, come si vuole nel rispetto di chi ti circonda è l’essenza del punk e dell’autogestione e perciò è importantissimo, senza se e senza ma.

D: Raccontami della distro?
R: Nasce per cercare di autofinanziare sito e materiale vario di Radio Punk. Vista la nostra passione per i formati fisici, ovvero dischi, cd, libri e fanzine decidiamo quindi di aprire l’etichetta con la quale far uscire dei dischi in coproduzione sostenendo le band e le idee che stanno in un disco. La distro serve appunto a distribuire le uscite dell’etichetta e non solo, infatti ad oggi abbiamo centinaia di dischi, cd, libri e spillette che portiamo col banchetto ai concerti e mercatini di autoproduzione. Portare il banchetto ai concerti è un modo per dire “ehi ci siamo anche noi!” e soprattutto per non partecipare come semplici fruitori ma essere parte attiva di quel determinato momento.

D: Come avete conosciuto Marco Pandin di stella*nera?
R: Ha conosciuto personalmente solo uno di noi, Tom, a cui lasciamo la parola. “L’ho conosciuto molti anni fa a Pordenone, al Prefabbrikato. C’era un’iniziativa sui Crass. Ricordo che feci una grafica demmerda, molto punk se vogliamo essere paraculi, la realtà è che era veramente brutta. Praticamente era fatta scrivendo a penna le informazioni (ho una grafia da gallina, ma che dico non insultiamo le galline!) su un disegno dei crass e scannerizzando il tutto. Marco Pandin disse che era bellissima e a fine iniziativa gli dissi che avevo fatto io quella merda ahahha. Mi entusiasmava moltissimo quel suo modo di parlare, riuscirebbe a rendere divertente pure la Formula 1 come dico sempre.” Anni dopo abbiamo letto il suo articolo “Cose belle…” sul vostro sito e l’abbiamo contattato chiedendogli se voleva scrivere qualcosa sul nostro sito, dato che la call è sempre aperta a tutti. Ci ha risposto entusiasta e poi sempre Tom l’ha rivisto ad un concerto e da lì ogni volta che viene a Bologna ci si vede e si beve un bianco o un amaro insieme!

D: Ha ancora senso oggi essere “punk”?
R: Domanda che necessiterebbe di ore e ore di chiacchierata. E
speriamo che ciò accada presto. Detto ciò rispondiamo brevemente dicendo che non avendo vissuto in prima persona la nascita e la golden age del punk, per noi ha senso quello che per noi rappresenta il punk, ma che per qualcun altro potrebbe non essere così e amen. Ha senso per noi quindi l’essere dalla parte degli ultimi, dei disadattati, degli emarginati, degli esclusi. Stiamo bene nella nostra nicchia di libertà, autogestione, solidarietà e condivisione senza patria e padroni, dove non girano soldi a palate e manager sanguisughe. Dove non esiste il concetto borghese di “normalità” e dove non c’è spazio alcuno per il fascismo, il razzismo, il sessismo, il machismo, il militarismo e la prevaricazione in generale. Questo siamo noi, questo ci piace, questo ha senso per noi. Ci sono molte persone che per punk intendono pogo violento e forsennato, ascoltare un diverso tipo di musica e basta, farsi la cresta, mettere un chiodo, sognare di essere headliner ad un fest e diventare famosi. Beh in questo caso, se è questo il punk, speriamo fortemente che muoia il prima possibile!

Per ascoltare, restare aggiornati, leggere, spulciare il catalogo, si può andare sul sito web di Radio Punk.

Dirt – Never Mind Dirt – Here’s The Bollocks (1983)

Dirt - Never Mind Dirt - Here's The Bollocks

I Dirt erano un gruppo inglese appartenente alla scena anarco-punk degli anni’80. Ascoltando questo disco, si sente tuttora l’urgenza e la voglia irrefrenabile di suonare e urlare la propria libertà, per non conformarsi ad uno stile di vita, imposto dal sistema.

Il sistema c’è
Il sistema rimarrà
Dominerà il sistema
Ok!

Controllo delle nascite
Controllo della vita
Controllo della morte

L’educazione del loro sbagliato e giusto
Del loro ordine e della loro legge
Non prenderlo è solo una truffa
Non prenderlo sai che è sbagliato
È solo una facciata per poterti sparare È solo una facciata per poterti imbrogliare

L’OGGETTO RIFIUTA RIFIUTA L’ABUSO
L’OGGETTO RIFIUTA RIFIUTA L’ABUSO (coro ripetuto) …

Testo liberamente tradotto dalla canzone Democracy dei Dirt

Nei concerti i Dirt davano sempre il meglio, rispetto che alle registrazioni in studio, quindi ecco spiegata la scelta di incidere dal vivo l’album. Chitarre sferraglianti, basso e batteria suonano potenti, alternando le voci nelle canzoni fra la cantante Deno e il chitarrista Gary. Entrambi i cantanti riescono intensamente a cantare con rabbia e passione. La voce femminile di Deno è stridula per enfatizzare il cantato di protesta. Nell’album ci sono dei brevi dialoghi fra Deno e gli altri membri dei Dirt, curiosamente la voce della cantante nel parlato è deliziosa.

Il disco fu registrato dal vivo al New Half Moon – Stepney, il 5 Aprile 1982. La produzione fu curata da Pete Right dei Crass. Il mixing fu fatto ai Southern Studios di John Loder, compagno e tecnico del suono della Crass Records. Never Mind Dirt – Here’s The Bollocks dei Dirt uscì nel Gennaio del 1983, quando il gruppo si era sciolto da poco meno di un mese. Il disco è un LP a 45rpm.

A Verona: Se ho Vinto Se ho Perso docufilm sui Kina

A Verona giovedì 28 aprile 2022, sarà presentato il libro e il DVD “Se ho vinto Se ho perso”, dedicati al gruppo anarcopunk dei Kina, storica band della scena underground italiana degli anni’80.
Saranno presenti il curatore del libro Marco Pandin di stella *nera e Sergio Milani, batterista e voce dei Kina e Frontiera. All’evento sarà proiettato il docufilm “Se ho vinto Se ho perso” diretto da Luca Rossi, a cui saranno presenti Marco e Sergio.

Vi aspettiamo a Verona, presso La Sobilla in Salita San Sepolcro, 6b.

Cose belle del 2021 di Marco Pandin

Le cose belle del 2021 di Marco Pandin

Pochi giorni fa, abbiamo scambiato qualche parola con l’amico Marco Pandin di stella * nera. Si scherzava sulla mia Non classifica musicale 2021. Marco mi diceva che è da tempo memorabile che vorrebbe farne una alla fine di ogni anno… e quest’anno eccola! L’ho trovata interessante e sorprendente, non solo per i contenuti musicali, ma anche per le pubblicazioni editoriali. Buone letture ed ascolti!

Cose belle del 2021 (in ordine sparso e partigiano)

– gli articoli di Alessandro Kola sul sito di Radio Città Aperta – Neurotic vibes neurotic minds (www.radiocittaperta.it/cat/musica). Scritti bene, con attenzione e rispetto, mettendoci impegno, la giusta serietà e una bella fetta grossa di cuore. Si capisce presto che Alessandro è troppo giovane per aver vissuto gli anni Ottanta e i fatti che si prende la briga di raccontare, ma immediatamente dopo ti accorgi che questo non è un problema. Perché lui è uno che ci crede – molto di più di tanti che una volta, microfono e/o megafono in mano, dichiaravano ad alta voce di farlo e invece erano fabbriche tossiche di risentimento e di rancore.

– il libro di Laura Carroli sui Raf Punk (www.agenziax.it/schiavi-nella-citta-piu-libera-del-mondo). Un’isola a sé, che non c’entra un cazzo col resto delle memorie di maschietti borchiati & invecchiati uscite al supermercato in questi 20/25 anni – ciascuna una lapide sulla tomba del punk biancorossoeverde. Laura racconta di sé, dei suoi dubbi, delle incertezze, delle paure da scavalcare, dei tentativi, delle difficoltà. Nel libro lei è bella come la luna e terribile come un esercito schierato (citazione colta). Guarda come e dove sono finiti quelli che di dubbi non ne avevano: assessori, sindaci, portaborse, intermediari e ruffiani, padroni di cani, faccendieri, presidenti di qualunque cosa, addirittura predicatori, persino cantanti. Una volta stavano a tuonare e scorreggiare dentro le fanzine, oggi a mostrare il lavoro del dentista dentro ai giornali che ti danno quando sei in coda dalla parrucchiera.

– il concerto dei Crancy Crock (www.crancycrock.it) all’Anarchist Bookfair messa in piedi dal circolo Underground un sabato di metà dicembre, al Bafo di Seriate BG. Hanno piazzato il banchetto proprio vicino a quello di stella*nera, sembrano simpatici e dopo un po’ scopro che hanno già autoprodotto 4 o 5 cd e io neanche sospettavo esistessero – sono un pozzo di ignoranza, lo so e non c’è rimedio. Tocca a loro. Il tempo di ficcare il jack nell’amplificatore e guardarsi in faccia, un attimo di vuoto e i cinque attaccano a pestare duro. Sembra un frullato padano e gioioso di UK Subs e Stiff Little Fingers e quello-che-volete-voi che spazza via con un sorriso tutta la merda di questi quarant’anni. Mi sono divertito come una bestia – ed era ora, cazzo.

– il concerto in streaming gratuito del 27 marzo con cui i Godspeed You Black Emperor (cstrecords.com/pages/godspeed-you-black-emperor) hanno presentato in anteprima il nuovo album “G_d’s Pee at state’s end“, uscito la settimana successiva. Le telecamere non erano puntate sui musicisti ma indietro, al fondo del palco, sul lavoro cinematografico di Karl Lemieux e Philippe Leonard che accompagna abitualmente le loro performance. Un monumento sonoro in un cinema deserto. Questa per me è la speranza con un vestito nero che le sta addosso bene. E’ musica che mi trivella in profondità.

– la maglietta dei Kina disegnata da Chiara Gattuso (chiaragattuso.it) e stampata benissimo da Rox in occasione dell’uscita del cd con le registrazioni del reunion tour 2019. Non aggiungo commenti perché potrebbe sembrare un’autopromozione.

– il nuovo libro di Paolo Cognetti “La felicità del lupo” (il blog paolocognetti.blogspot.com non appare aggiornato da tempo, purtroppo). Lui mette insieme le parole in un modo che ti strappa il respiro dalla gola. Pensavo che il suo ottomila fosse stato “Le otto montagne”. E invece poi ha scritto “Senza mai arrivare in cima” e adesso quest’altro che mi lasciano seduto per terra in mezzo al bosco. Mi sembra di essere come quella volta Oliver Sachs in Norvegia: gamba rotta, telefonino che non prende, arriva sera e io che però non ho paura.

– il film di Sophie Deraspe “Antigone” (official trailer al link: www.youtube.com/watch?v=3fFG0wYyR0Q), è del 2019 ma in Italia è uscito solo a novembre. Una storia senza vie d’uscita fatta di violenza, morte, ingiustizia e sopraffazione. Una storia già scritta duemilacinquecento anni fa ma che accade oggi: a cinque minuti dall’inizio cominci a ripeterti come un mantra che è un film, che non è vero, che è solo un film, che non può essere vero. La storia si interrompe malamente, si accendono le luci in sala e tu annaspi verso l’uscita dal cinema, fai finta di niente, ti aggiusti la mascherina, torni a casa, ti prepari qualcosa da mangiare e dopo un po’ ti sembra tutto come prima. Poi d’improvviso rieccola, la storia: armata di casco protettivo, sfollagente d’ordinanza, spray OC e anfibi chiodati, eccola a buttarti giù la porta di casa mentre stai dormendo.

– la ristampa di “Venezia” di Gigi Masin (store.silentes.it) – un atto d’amore, di quelli teneri e disperati. Il cd accompagnava un libro di fotografie di Stefano Gentile uscito in edizione limitata nel 2016 e presto esaurito. Quando ero ragazzo mi piaceva camminare per Venezia perché riuscivo a sentire il suono dei miei passi, come succedeva in montagna. Adesso mi piace immaginare quasi ogni calle abitata da questo suono. Gigi è una rondine venuta a fare il nido accanto alla tua finestra: l’inverno la porta via ogni anno, e lei che poi ritorna. Altro sogno in contemporanea, oppure volendo altro incubo: lungo il perenne carnevale artificiale degli itinerari turistici (la voce registrata del doge che intima: seguire le frecce gialle, please) tra la calca risuonano implacabili le Quattro Stagioni passate sotto il bisturi, lo schiacciasassi e la fiamma ossidrica di Max Richter.

– le “Memorie di un filologo complottista” scritte da Francesco Benozzo (www.francescobenozzo.net). Perché a un certo punto io nei miei dubbi mi perdo, devo tornare indietro, devo rileggere, devo scavare, devo mettere insieme i pezzi, devo capire o almeno devo provarci.

– la fanzine Miseria Nera (www.miserianera.com). Nel numero zero di scritto solo tre righe (e copiate da altrove) a pagina tre, tutto il resto sono foto b/n di Luca Benedet e Matteo Bosonetto. Ogni immagine una storia lunga, contorta, spinosa, divertente oppure nera di malinconia.

– la meravigliosa ristampa di “On the Mesa” (the-song-cave.com), una raccolta mitica uscita nel 1971 per la City Lights di Lawrence Ferlinghetti, e in versione espansa per Song Cave lo scorso marzo. Un libro di poesie beat che al tempo delle scuole superiori ho solo potuto leggere spezzettato/disperso su fogli underground e tutto intero solo in sogno. Adesso, dopo cinquant’anni e con gli occhi vecchi, posso tenerlo fra le mani e finalmente sprofondarci dentro. Ci hanno aggiunto persone e parole, e in mezzo a Richard Brautigan, Diane Di Prima, Anne Waldman, Robert Creely e tutti gli altri ritrovo un me stesso teenager spalanuvole. Sono convinto che quegli americani non immaginassero affatto che un po’ dell’aria mossa dal loro fiato giungesse dopo millemila chilometri fino alla mia stanza, ai confini dell’impero. C’è addirittura quel Jim Carroll che ho amato in versione disintossicata quand’era punk quasi come Patti Smith – ho sognato di giocarci insieme a pallacanestro, proprio io che mi muovo con l’agilità sportiva di una bestia morta.

– la “Lettera a chi non c’era” di Franco Arminio (www.bompiani.it), uscito a giugno. Il piatto rotto in copertina mi ha messo in allarme, e non ho detto niente. La nota d’avvio mi ha messo in allarme, e io non ho prestato attenzione. E anche le prime pagine mi hanno messo in allarme, e presto ho cominciato a capire perché. A ogni giro di pagina successivo mi suonavano dentro in testa la sirena dell’acqua alta e quella degli incidenti al Petrolchimico e quella dell’ambulanza che veniva a portare via mio padre di notte. Adoro quegli scrittori che ti mettono le mani addosso: ogni parola come neve che ti si appoggia sulle spalle e le carica di un peso lieve che non sai avvertire né quantificare, ogni parola goccia d’acqua che si insinua nelle tue crepe e arriva a minare i tuoi muri maestri. Mi piacerebbe incontrarlo, lui, restare ad ascoltarlo per ore e annegare in frantumi dentro a tutta l’acqua chiara che gli esce dalle labbra e dalle dita. Questo libro è magnetico e definitivo come un buco nero, mi ha scosso profondamente e faccio fatica a finirlo – dopo sei mesi oggi 1 gennaio 2022 sono arrivato, arrancando sui gomiti, solo a pagina 143.

– e facciamola, anche se di sponda, un’autopromozione. Un paio di anni fa scopro tra le pagine di Umanità Nova (umanitanova.org) una rubrica in cui l’autore, un ventenne evidentemente che si fa chiamare En-Ri.ot, cerca di annodare certi fili rossi che raccoglie seguendo l’istinto. Forse no, segue dei ragionamenti suoi: li cerca dentro ai testi delle canzoni senza preoccuparsi se queste sono cantate bene o stonate. Ne sceglie tre ogni volta, una playlist veloce di tre pallottole al cuore della storia di questi anni, quindi anche della mia storia. Mette insieme roba vecchia e musiche recenti, gente con sorrisi da copertina e brutte facce adatte a foto segnaletiche, nomi noti e gruppi mai sentiti, cercando di dare un senso a quello che dentro a quelle canzoni si canta. Una maniera piuttosto particolare di raccontare il presente. Quelli dell’ASFAI (www.asfai.info) gli propongono di raccogliere gli articoli in un libretto, e mi coinvolgono per realizzarlo. Suggerisco a En-Ri.ot di organizzare una compilation al contrario, di contattare cioè i vari gruppi e musicisti di cui si è occupato e chiedergli in prestito la canzone di cui ha analizzato il testo. Ne viene fuori “Note bandite”, uscito a ottobre e già finito (ristampatelo, dai). Uno di quei casi fortunati e felici dove ci si aggrega per una condivisione di ragionamenti invece che di gusti musicali comuni.

Fanno tredici, una per ciascun mese patafisico. Ma ce ne sono molte altre: la fanzine Germogli ad esempio (burningbungalow@gmail.com). Grazie per avermi ancora fatto posto qui. Grazie tantissime.

Presentazione: Kina Se ho Vinto Se ho Perso

Marco Pandin di stella * nera non sta fermò un momento!

Domenica 19 dicembre 2021, presso il circolo “Al Bafo” a Seriate (BG), sarà proiettato il film “Se ho Vinto Se ho Perso” sulla band anarcopunk dei Kina e Marco ne ha curato l’omonimo libro.

I Kina sono stati e sono uno dei gruppi più importanti dell’Hardcore Punk italiano. Nati nel 1982 ad Aosta, hanno suonato in Italia ed in Europa. Fedeli all’idea di antagonismo e del “fai da te”, fondarono assieme ai Franti l’etichetta discografica Blu Bus. Nel 2019 è uscito il docufilm “Se ho Vinto Se ho Perso”, ora nel 2021 stella * nera ha appena pubblicato un libro di circa sessanta pagine con testi, interviste e molte foto. Assieme al libro un CD con registrazioni del reunion tour del 2019 e in DVD il docufilm “Se ho Vinto Se ho Perso” diretto da Gian Luca Rossi.

La locandina: “Se ho Vinto Se ho Perso”

Il programma dell’Anarchist Bookfair.

Penny Rimbaud: L’ultimo degli hippy – nuova edizione 2020

Penny Rimbaud: L’ultimo degli hippy libro copertina

E’ appena stata pubblicata una nuova edizione de “L’ultimo degli hippy” di Penny Rimbaud. L’autore inglese è anche stato membro fondatore del collettivo anarcopunk dei Crass: nei loro album si cantava di diritti sociali, di antimilitarismo e di pacifismo. La non etichetta stella*nera di Marco Pandin ristampa una nuova edizione ampliata e con una nuova prefazione dell’autore.

 

Scritto da Penny Rimbaud che dei Crass è stato fra i fondatori e la testa pensante dietro i tamburi della batteria, “L’ultimo degli hippy” racconta la storia del movimento pacifista britannico dalle radici che affondano nella cultura beat dei tardi anni ‘50, passando attraverso la stagione hippy per giungere alla “punk explosion” londinese del 1977. A questa si intreccia la storia di Wally Hope, un anarco/mistico visionario la cui morte prematura, risultato della permanenza forzata in un ospedale psichiatrico e del trattamento sanitario obbligatorio cui venne sottoposto, diviene il simbolo della trasformazione della filosofia hippy del “pace e amore” nella rabbia grezza del punk.

Marco Pandin

Libro 48 pagine – non in vendita – offerta libera e responsabile. Traduzione in italiano, a cura di Giuseppe Aiello e Marco Pandin. Originariamente il testo di Penny Rimbaud era compreso nella raccolta A series of shock slogans and mindless token tantrums” allegata al doppio album dei CrassChrist – the album” (1982) e poi pubblicato nel 1983 da Exitstencil Press.

Si può richiedere con offerta libera e responsabile a: Candilita, stella*nera, Dethector, Edizioni Bruno Alpini e Silentes

Si ascoltare l’intervista a Marco Pandin per stella * nera a cura di Gianluca Polverari su: Radio Città Aperta Podcast.

Ripubblicato: oh, america di Penny Rimbaud

Penny Rimbaud è stato uno dei fondatori della collettivo anarcopunk dei Crass. Lui è sempre stato in prima linea per portare avanti una cultura di pace, di uguaglianza e di libertà.
Nel 2002 scrisse “oh, america“, ispirandosi al sonetto “The new colossus” scritto da Emma Lazarus nel 1883, riportato alla base della Statua della Libertà.

La non etichetta stella*nera ripropone questo sarcastico testo di Penny Rimbaud, tradotto in italiano.
Mi sembra una scelta appropriata, visti i tempi che corrono e i “protagonisti” beceri, vicini e lontani, che ci ritroviamo fra i piedi.

Riferimenti
  • Il libretto di sei pagine non è distribuito commercialmente, si può richiedere a stella*nera oppure a Dethector in cambio di un’offerta libera/consapevole.

Rubella Ballet ovvero facendo ordine nell’armadio

Rubella Ballet spilla pinUn fine settimana fa, si è affrontato l’armadio dei vestiti. Il tempo e la moda sono passati e alcuni capi non erano più da portare.
La soddisfazione è che il giro vita non è aumentato, mentre la cosa che invece mi ha sorpreso, è stata di ritrovare la spilla fucsia dei Rubella Ballet!

Il gruppo inglese faceva parte della scena anarcopunk dei Crass e delle Poison Girls. Le tematiche dei Rubella Ballet erano più personali, sui sensi repressi dell’individuo che non verso la politica e la società. La band si contraddistingueva per l’approccio punk, ma soprattutto per i colori, rispetto al nero imperante. I vestiti erano realizzati da loro stessi ed erano coloratissimi, come del resto si può intuire dalla spilla.

Una altra forma di do it yourself – di autoproduzione.

 

 

Riferimenti

Rubella Ballet la discografia su Discogs

Franti 2016 situazione non classificata

Franti, riprendendo quelle situazioni …

Talvolta parlando con amici e conoscenti ci si chiede … e i Franti? Chi per curiosità, chi per amicizia ma soprattutto per chi l’esperienza lasciata dal collettivo musicale torinese era ed è rimasta importante.

Pur non amando le classificazioni, i Franti si autodefinirono una hardcore folk band.

Lalli, Stefano Giaccone e gli altri componenti dei Franti hanno continuato da soli o a volte incrociandosi ma troppo forte è la memoria musicale dei Franti lasciata a molto di noi, sulla società, sul lavoro, sul rapportarsi con gli altri. Tutto nasceva dalla loro musica per raggiungere chi aveva o ha il desiderio di non essere assimilato a una persona non pensante. Una delle loro caratteristiche fu di attenersi alla completa autogestione: dischi, cassette audio e concerti con la loro supervisione.

La non etichetta stella*nera di Marco Pandin ristabilisce un contatto con l’opera dei Franti, ristampando i 3 CD di “Non Classificato” e l’album di Stefano Dellifranti “Non un uomo né un soldo …”, entrambi esauriti da tempo. L’edizione del 2015 contiene i tre album e un libro ricco ricco di materiali sui Franti. Entrambe le edizioni sono state curate personalmente da Marco Pandin con Ettore Valmassoi e l’approvazione dei membri del gruppo torinese.

Dopo aver avuto fra le mani queste ristampe, ho voluto parlarne con Marco.

Domanda: Da dove nascono registrazioni de “Non un uomo né un soldo …”?
Risposta: Si era nel gennaio e febbraio 1991, prima guerra del Golfo, alla fine dell’escalation di eventi che avevano portato all’operazione Desert Storm. Stefano Giaccone, Lalli e Toni Ciavarra avevano raccolto una manciata di canzoni per dire ancora una volta no alla guerra. Sono bastate poche ore, buona la prima. Ne era stata fatta una cassetta a nome Stefano Dellifranti (+ Lalli e Toni), titolo “Non un uomo né un soldo”, messa in circolazione in poche copie di fattura casalinga, invitando a copiare e diffondere. Un messaggio in bottiglia, come si fa da sempre, affidato al mare con la speranza che non arrivi sulla spiaggia sbagliata.

→ Prosegui la lettura di Franti 2016 situazione non classificata

Dritti contro un muro: incontri e scontri anarcopunk a Verona

Dritti contro un muro Sobilla Verona 2015 anarcopunk logo

L’associazione culturale La Sobilla e la Biblioteca Giovanni Domaschi organizzano tre incontri sulla scena underground punk anarchica italiana degli anni’80. L’occasione è ghiotta perché ci saranno due presentazioni di libri e una proiezione del docufilm “Italian Punk Hardcore 1980-1989 The movie“.kina come macchine impazzite copertinaIl 13 febbraio Marco Pandin di stella*nera presenterà il libro “Come macchine impazzite – Il doppio spara dei Kina” di Giampiero Capra e Stephania Giacobone dedicato alla punk band dei Kina.

Giampiero Capra è stato il bassista e uno dei fondatori dei Kina, la punk band aostana. Lui e i suoi compagni hanno suonato in tutt’Italia e in Europa, durante gli anni ’80 e poco più in là. I Kina sono stati uno dei gruppi seminali della scena hardcore punk italiana, un intreccio fra musica, militanza e impegno politico.
Il libro ha la particolarità d’essere un racconto a due voci, quella di Giampiero e di Stephania. Il primo è un musicista impegnato fra la propria musica e la gestione delle autoproduzioni dei Kina e di altre gruppi, con l’etichetta Blu Bus. Stephania invece scoprì i Kina molti anni dopo, seguendo dei sentieri musicali ad Aosta. La musica dei Kina le fece compiere una formazione personale e un riscatto rispetto all’ambiente in cui viveva.

Sarà presente Marco Pandin amico e profondo conoscitore dei Kina. Marco fanzinaro negli anni Ottanta con Rockgarage ed editore indipendente, dal 1984 collabora stabilmente con A/Rivista Anarchica. Da trent’anni cura l’attività di stella*nera, non-etichetta discografica caratterizzata dalla scelta radicale di porsi “fuori mercato”.

I prossimi incontri saranno:

  • Giovedì 18 febbaio, ore 20.00 – BLACK HOLE: uno sguardo sull’underground italiano. Incontro con Turi Messineo, autore del volume (Eris edizioni 2015) + proiezione
  • Giovedì 25 febbraio, ore 20.00 – ITALIAN PUNK HARDCORE 1980-1989: The Movie di Angelo Bitonto, Giorgio S. Senesi, Roberto Sivilia (Italia 2015), proiezione
Riferimenti:
  • La Sobilla – Salita San Sepolcro, 6b – Verona
  • Guarda  e scarica la locandina dei tre incontri alla Sobilla:
    Dritti contro un muro Sobilla Verona 2016 anarcopunk punx punk sobilla, marco pandin, kina