Bere in pace a Venezia

Drink in peace a Venezia

Pochi giorni fa ho fatto una gita a Venezia. Camminando lungo la Fondamenta della Misericordia nel sestriere di Cannaregio, ho visto la cartolina “Drink in Peace” (bere in pace), esposta in un locale.
Una colomba che porta una “ombra de vin” (trad. bicchiere di vino).
Mi pare sia di buon auspicio, non trovate?
Risolvere con un bel brindisi… Anche se a certi “personaggi” offrirei piuttosto un bel bicchere di aceto…

Cose belle del 2021 di Marco Pandin

Le cose belle del 2021 di Marco Pandin

Pochi giorni fa, abbiamo scambiato qualche parola con l’amico Marco Pandin di stella * nera. Si scherzava sulla mia Non classifica musicale 2021. Marco mi diceva che è da tempo memorabile che vorrebbe farne una alla fine di ogni anno… e quest’anno eccola! L’ho trovata interessante e sorprendente, non solo per i contenuti musicali, ma anche per le pubblicazioni editoriali. Buone letture ed ascolti!

Cose belle del 2021 (in ordine sparso e partigiano)

– gli articoli di Alessandro Kola sul sito di Radio Città Aperta – Neurotic vibes neurotic minds (www.radiocittaperta.it/cat/musica). Scritti bene, con attenzione e rispetto, mettendoci impegno, la giusta serietà e una bella fetta grossa di cuore. Si capisce presto che Alessandro è troppo giovane per aver vissuto gli anni Ottanta e i fatti che si prende la briga di raccontare, ma immediatamente dopo ti accorgi che questo non è un problema. Perché lui è uno che ci crede – molto di più di tanti che una volta, microfono e/o megafono in mano, dichiaravano ad alta voce di farlo e invece erano fabbriche tossiche di risentimento e di rancore.

– il libro di Laura Carroli sui Raf Punk (www.agenziax.it/schiavi-nella-citta-piu-libera-del-mondo). Un’isola a sé, che non c’entra un cazzo col resto delle memorie di maschietti borchiati & invecchiati uscite al supermercato in questi 20/25 anni – ciascuna una lapide sulla tomba del punk biancorossoeverde. Laura racconta di sé, dei suoi dubbi, delle incertezze, delle paure da scavalcare, dei tentativi, delle difficoltà. Nel libro lei è bella come la luna e terribile come un esercito schierato (citazione colta). Guarda come e dove sono finiti quelli che di dubbi non ne avevano: assessori, sindaci, portaborse, intermediari e ruffiani, padroni di cani, faccendieri, presidenti di qualunque cosa, addirittura predicatori, persino cantanti. Una volta stavano a tuonare e scorreggiare dentro le fanzine, oggi a mostrare il lavoro del dentista dentro ai giornali che ti danno quando sei in coda dalla parrucchiera.

– il concerto dei Crancy Crock (www.crancycrock.it) all’Anarchist Bookfair messa in piedi dal circolo Underground un sabato di metà dicembre, al Bafo di Seriate BG. Hanno piazzato il banchetto proprio vicino a quello di stella*nera, sembrano simpatici e dopo un po’ scopro che hanno già autoprodotto 4 o 5 cd e io neanche sospettavo esistessero – sono un pozzo di ignoranza, lo so e non c’è rimedio. Tocca a loro. Il tempo di ficcare il jack nell’amplificatore e guardarsi in faccia, un attimo di vuoto e i cinque attaccano a pestare duro. Sembra un frullato padano e gioioso di UK Subs e Stiff Little Fingers e quello-che-volete-voi che spazza via con un sorriso tutta la merda di questi quarant’anni. Mi sono divertito come una bestia – ed era ora, cazzo.

– il concerto in streaming gratuito del 27 marzo con cui i Godspeed You Black Emperor (cstrecords.com/pages/godspeed-you-black-emperor) hanno presentato in anteprima il nuovo album “G_d’s Pee at state’s end“, uscito la settimana successiva. Le telecamere non erano puntate sui musicisti ma indietro, al fondo del palco, sul lavoro cinematografico di Karl Lemieux e Philippe Leonard che accompagna abitualmente le loro performance. Un monumento sonoro in un cinema deserto. Questa per me è la speranza con un vestito nero che le sta addosso bene. E’ musica che mi trivella in profondità.

– la maglietta dei Kina disegnata da Chiara Gattuso (chiaragattuso.it) e stampata benissimo da Rox in occasione dell’uscita del cd con le registrazioni del reunion tour 2019. Non aggiungo commenti perché potrebbe sembrare un’autopromozione.

– il nuovo libro di Paolo Cognetti “La felicità del lupo” (il blog paolocognetti.blogspot.com non appare aggiornato da tempo, purtroppo). Lui mette insieme le parole in un modo che ti strappa il respiro dalla gola. Pensavo che il suo ottomila fosse stato “Le otto montagne”. E invece poi ha scritto “Senza mai arrivare in cima” e adesso quest’altro che mi lasciano seduto per terra in mezzo al bosco. Mi sembra di essere come quella volta Oliver Sachs in Norvegia: gamba rotta, telefonino che non prende, arriva sera e io che però non ho paura.

– il film di Sophie Deraspe “Antigone” (official trailer al link: www.youtube.com/watch?v=3fFG0wYyR0Q), è del 2019 ma in Italia è uscito solo a novembre. Una storia senza vie d’uscita fatta di violenza, morte, ingiustizia e sopraffazione. Una storia già scritta duemilacinquecento anni fa ma che accade oggi: a cinque minuti dall’inizio cominci a ripeterti come un mantra che è un film, che non è vero, che è solo un film, che non può essere vero. La storia si interrompe malamente, si accendono le luci in sala e tu annaspi verso l’uscita dal cinema, fai finta di niente, ti aggiusti la mascherina, torni a casa, ti prepari qualcosa da mangiare e dopo un po’ ti sembra tutto come prima. Poi d’improvviso rieccola, la storia: armata di casco protettivo, sfollagente d’ordinanza, spray OC e anfibi chiodati, eccola a buttarti giù la porta di casa mentre stai dormendo.

– la ristampa di “Venezia” di Gigi Masin (store.silentes.it) – un atto d’amore, di quelli teneri e disperati. Il cd accompagnava un libro di fotografie di Stefano Gentile uscito in edizione limitata nel 2016 e presto esaurito. Quando ero ragazzo mi piaceva camminare per Venezia perché riuscivo a sentire il suono dei miei passi, come succedeva in montagna. Adesso mi piace immaginare quasi ogni calle abitata da questo suono. Gigi è una rondine venuta a fare il nido accanto alla tua finestra: l’inverno la porta via ogni anno, e lei che poi ritorna. Altro sogno in contemporanea, oppure volendo altro incubo: lungo il perenne carnevale artificiale degli itinerari turistici (la voce registrata del doge che intima: seguire le frecce gialle, please) tra la calca risuonano implacabili le Quattro Stagioni passate sotto il bisturi, lo schiacciasassi e la fiamma ossidrica di Max Richter.

– le “Memorie di un filologo complottista” scritte da Francesco Benozzo (www.francescobenozzo.net). Perché a un certo punto io nei miei dubbi mi perdo, devo tornare indietro, devo rileggere, devo scavare, devo mettere insieme i pezzi, devo capire o almeno devo provarci.

– la fanzine Miseria Nera (www.miserianera.com). Nel numero zero di scritto solo tre righe (e copiate da altrove) a pagina tre, tutto il resto sono foto b/n di Luca Benedet e Matteo Bosonetto. Ogni immagine una storia lunga, contorta, spinosa, divertente oppure nera di malinconia.

– la meravigliosa ristampa di “On the Mesa” (the-song-cave.com), una raccolta mitica uscita nel 1971 per la City Lights di Lawrence Ferlinghetti, e in versione espansa per Song Cave lo scorso marzo. Un libro di poesie beat che al tempo delle scuole superiori ho solo potuto leggere spezzettato/disperso su fogli underground e tutto intero solo in sogno. Adesso, dopo cinquant’anni e con gli occhi vecchi, posso tenerlo fra le mani e finalmente sprofondarci dentro. Ci hanno aggiunto persone e parole, e in mezzo a Richard Brautigan, Diane Di Prima, Anne Waldman, Robert Creely e tutti gli altri ritrovo un me stesso teenager spalanuvole. Sono convinto che quegli americani non immaginassero affatto che un po’ dell’aria mossa dal loro fiato giungesse dopo millemila chilometri fino alla mia stanza, ai confini dell’impero. C’è addirittura quel Jim Carroll che ho amato in versione disintossicata quand’era punk quasi come Patti Smith – ho sognato di giocarci insieme a pallacanestro, proprio io che mi muovo con l’agilità sportiva di una bestia morta.

– la “Lettera a chi non c’era” di Franco Arminio (www.bompiani.it), uscito a giugno. Il piatto rotto in copertina mi ha messo in allarme, e non ho detto niente. La nota d’avvio mi ha messo in allarme, e io non ho prestato attenzione. E anche le prime pagine mi hanno messo in allarme, e presto ho cominciato a capire perché. A ogni giro di pagina successivo mi suonavano dentro in testa la sirena dell’acqua alta e quella degli incidenti al Petrolchimico e quella dell’ambulanza che veniva a portare via mio padre di notte. Adoro quegli scrittori che ti mettono le mani addosso: ogni parola come neve che ti si appoggia sulle spalle e le carica di un peso lieve che non sai avvertire né quantificare, ogni parola goccia d’acqua che si insinua nelle tue crepe e arriva a minare i tuoi muri maestri. Mi piacerebbe incontrarlo, lui, restare ad ascoltarlo per ore e annegare in frantumi dentro a tutta l’acqua chiara che gli esce dalle labbra e dalle dita. Questo libro è magnetico e definitivo come un buco nero, mi ha scosso profondamente e faccio fatica a finirlo – dopo sei mesi oggi 1 gennaio 2022 sono arrivato, arrancando sui gomiti, solo a pagina 143.

– e facciamola, anche se di sponda, un’autopromozione. Un paio di anni fa scopro tra le pagine di Umanità Nova (umanitanova.org) una rubrica in cui l’autore, un ventenne evidentemente che si fa chiamare En-Ri.ot, cerca di annodare certi fili rossi che raccoglie seguendo l’istinto. Forse no, segue dei ragionamenti suoi: li cerca dentro ai testi delle canzoni senza preoccuparsi se queste sono cantate bene o stonate. Ne sceglie tre ogni volta, una playlist veloce di tre pallottole al cuore della storia di questi anni, quindi anche della mia storia. Mette insieme roba vecchia e musiche recenti, gente con sorrisi da copertina e brutte facce adatte a foto segnaletiche, nomi noti e gruppi mai sentiti, cercando di dare un senso a quello che dentro a quelle canzoni si canta. Una maniera piuttosto particolare di raccontare il presente. Quelli dell’ASFAI (www.asfai.info) gli propongono di raccogliere gli articoli in un libretto, e mi coinvolgono per realizzarlo. Suggerisco a En-Ri.ot di organizzare una compilation al contrario, di contattare cioè i vari gruppi e musicisti di cui si è occupato e chiedergli in prestito la canzone di cui ha analizzato il testo. Ne viene fuori “Note bandite”, uscito a ottobre e già finito (ristampatelo, dai). Uno di quei casi fortunati e felici dove ci si aggrega per una condivisione di ragionamenti invece che di gusti musicali comuni.

Fanno tredici, una per ciascun mese patafisico. Ma ce ne sono molte altre: la fanzine Germogli ad esempio (burningbungalow@gmail.com). Grazie per avermi ancora fatto posto qui. Grazie tantissime.

Bruno Ganz…

Bruno Ganz

La prima volta che vidi Bruno Ganz (1941 – 2019) sul grande schermo, fu ne Il cielo sopra Berlino. L’attore era il protagonista del film diretto da Wim Wenders. Un attore di una rara sensibilità, che interpretò l’angelo caduto trasmettendo emozioni agli spettatori. Oltre al film berlinese, mi piace ricordarlo nel film di Silvio Soldini, ambientato a Venezia, Pane e Tulipani.

Il suo sguardo gentile ed ironico mi mancherà.

Bruno Ganz da Il Cielo sopra Berlino di Wim Wenders

Bruno Ganz da Il Cielo sopra Berlino di Wim Wenders

Wings Of Desire (A Film By Wim Wenders)

Wings Of Desire (A Film By Wim Wenders), copertina del CD

 

Marghera e la rabbiosa accusa della Banda Bassotti

Porto Marghera

I Pitura Freska avevano cantato il sogno di una Marghera più sana, con un ambiente alternativo a quello inquinato. Qualche anno più tardi, si è aggiunto il collettivo musicale della Banda Bassotti che ha dedicato al petrolchimico lagunare una canzone: Marghera 2 novembre. Quest’ultima non è una data casuale: fu il giorno in cui furono assolti i 28 dirigenti della Montedison,  imputati per strage, omicidio colposo e lesioni plurime ai danni di 157 operai morti e decine di malati. Questi lavoratori furono esposti al CVM/PVC, gravemente nocivo per la salute. Non si può dimenticare che per decenni vi fu uno sversamento di tonnellate di rifiuti tossici nella laguna e nell’entroterra, provenienti dagli impianti del petrolchimico. Nel 2010 la sentenza venne ribaltata ma fu troppo tardi: di fatto erano scaduti i tempi processuali e i colpevoli godettero della prescrizione dei reati. Cadde anche in prescrizione il reato di disastro ambientale in laguna veneta.
Probabilmente è per questo che a “Marghera non si sogna più”.

Marghera 2 novembre
Quanto disagio di una generazione stanca della bugia
Ancora 160 operai morti di gas e sfruttamento
I porci tutti assolti come sempre ridendo da chi servo ubbidisce
Stato incivile regna sovrano
Falso come suo solito vive nell’impunità vera
dove si è sempre boia e mai – dico mai – condannati…
Ancora non sempre scrivo d’amore ma sogno ancora
Sogno il Fuoco, Fuoco e Fiamme…

Politici mercanti
Fingono non sapere
Suonava la sirena
E gli operai andavano a morire

Non ci basta la metà dell’aria
Non ci basta la metà del sole
La metà di questa nostra vita chiusa dentro una fossa comune
A Marghera si muore due volte
Grazie, giornalisti e magistrati
Grazie, cavalieri del lavoro
A Margherà non si sogna più

Riferimenti
  • Il brano Marghera 2 novembre fa parte dell’album L’altra faccia dell’impero (2002) inciso dalla Banda Bassotti, collettivo musicale ska punk
  • La situazione del Petrolchimico di Porto Marghera dall’Atlante Italiano dei Conflitti Ambientali
  • La pagina di Wikipeadia dedicata alla Banda Bassotti
  • Scritto e pubblicato per Riusa: il portale dell’economia circolare

Marghera, la Montedison e il sogno dei Pitura Freska

Marghera senza fabbriche, pitura freska

Il gruppo musicale veneziano dei Pitura Freska ha un sogno e lo esprime con una canzone dedicata a Marghera: “il cantante Skardy e i suoi compagni desiderano una Laguna di Venezia sana, dove poter respirare aria buona, coltivare verdure, frutta e piante” … La realtà però è ben diversa: le attività’ industriali del petrolchimico di Porto Marghera sono la maggiore causa di emissione di sostanze inquinanti riscontrabili nella Laguna Veneta. Persino l’attore di teatro Marco Paolini ne Il Milione dice che “Quella che scorre nei canali a Venezia non è acqua, è un brevetto della Montedison.

Marghera è una località che occupa una superficie di circa 5.800 ettari; è situata nel territorio comunale di Venezia e a sud della città di Mestre. A partire dal 1950, essa divenne uno dei poli industriali italiani grazie a una forte concentrazione di investimenti: la Montedison S. p. A. fu una delle aziende ad avere una presenza nel territorio. Uno dei prodotti del colosso petrolchimico è il cloruro di vinile monomero, meglio noto come CVM: un componente gassoso per la produzione del PVC. Nel corso degli anni la magistratura ha appurato che l’azienda non fece nulla per salvaguardare la salute degli operai, causando 157 morti e un centinaio di persone ammalate gravemente.

Oltre ai danni all’uomo, la Montedison S. p. A. ha inquinato la Laguna Veneta “buttando” gli scarichi delle lavorazioni nell’aria, nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque lagunari.

Marghera
Ogni anno in Italia mor 30.000 persone de alcol
ogni anno in Italia mor 20.000 persone de tabacco
ogni anno mor 1.000 persone di eroina
ricordete: di marijuana non xe mai morto nissuni!

nialtri assicurem che no xe un bidon
l’erba no ga fato mai mal a nissun
a Marghera nialtri lo femo presente
che par lori la xe aria bona par niantri la xe fetente

Marghera sensa fabriche saria piu’ sana
‘na jungla de panoce pomodori e marijuana.

inquinemo sempre tuti contenti
mandemo ancora el mondo un fia’ ‘vanti
se qua sciopa tuto tanto no ti scampi
butemo xo le fabriche e coltivemo i campi

Marghera sensa fabriche saria piu’ sana
‘na jungla de panoce pomodori e marijuana.

i costruisse armi i sciopa nove bombe
intanto nialtri se femo e trombe
fuma e ciminiere intanto i ne inquina
per sopportare sta aria bevo tanta bira a spina

Marghera sensa fabriche saria piu’ sana
‘na jungla de panoce pomodori e marijuana.

niente da ridar i bidoni xe rival
boia i sa morti chi li ga mandai
stemo tenti no assarghe le strasse
papa butilia fane ‘ste grassie

i bruxa l’erba i costruisce le centrali
chissa’ che i mora tuti quanti fulminai
sara’ sempre meio poco che niente
vivaremo meio in mezo a orti, animali e piante

Marghera sensa fabriche saria piu’ sana
‘na jungla de panoce pomodori e marijuana

Riferimenti

Lettrice che non conosce Venezia

Conosci Venezia? Tutto quello che devi assolutamente sapere di Barbara Colli e Giuseppe Saccà (Edizioni Clichy)

Conosci Venezia?
Tutto quello che devi assolutamente sapere
di Barbara Colli e Giuseppe Saccà
(Edizioni Clichy)

Pubblicato su Cartaresistente.

Lettore verso la Venezia ribelle

foto in treno Guida alla Venezia ribelle Edizioni Voland

Barzaghi Beatrice, Fiano Maria
Guida alla Venezia ribelle
(Voland)

Pubblicato su Cartaresistente.

 

Dedicato all’Alligatore lagunare.

 

Album: Venezia 2 riflessi veneziani

Nell’acqua dei canali di Venezia i riflessi di ciò che si trova sopra o in alto …

Veneziani resistenti

I veneziani cercano di resistere alla svendita della città lagunare, all’approdo di imbarcazioni enormi e di porre attenzione alle grandi opere.
Passeggiando fra calli e campi si trovano le loro bandiere.

Album: Venezia 1

Venezia Cannaregio

Buongiorno Venezia, dal tuo splendido palazzo che si affaccia sul Canal Grande!

Bighellonare per il sestiere di Cannaregio, seguendo calli e attraversando i canali grazie ai tuoi ponti. Facendo attenzione a non cader giù dell’unico ponte senza parapetti.

Notare alle finestre le insegne e i poster dei veneziani ribelli: no grandi navi, residente resistente e contro il Mose.

Camminare lungo le Fondamenta e ammirare il Palazzo Mastelli con i suoi segreti… giungere poi in un osteria e rilassarsi.

Dire ciao ciao alla barca arlecchina. Immaginare il ciuf ciuf della casa locomotiva e traguardare fra le bricole la terraferma.

Passando poi a salutare i mori e Sior Rioba.
Attraversare e guardare alla storia del ghetto.

Scoprire poi la mia iniziale pietrificata all’angolo di una casa sul canale.
Buonanotte Venezia…