Fanzine Tribal Cabaret n. 07

Fanzine Tribal Cabaret N. 07

Tribal Cabaret era una fanzine romana, dedicata alla musica post-punk e dark. Molto curata perché ci trovavi interviste ed articoli su gruppi stranieri ed italiani. Graficamente era identificabile, con certo gusto “dark”. Su Tribal Cabaret c’era allegata una compilation su nastro con gruppi italiani e non, spesso con brani inediti.
La bella notizia è che da poco è uscito il numero 07. Ho scritto ai due curatori Daniela Giombini e Dario Calfapietra per riceverla e fargli qualche domanda.

Tribal Cabaret N. 07 Dario Calfapietra Daniela Giombini

Domanda: Perché avete deciso di ricominciare a far uscire Tribal Cabaret?
Risposta: Quando ci siamo conosciuti scrivevamo entrambi per dei magazine musicali online e ci è venuto naturale iniziare a scrivere insieme, facendo interviste e recensendo concerti. Dagli archivi di Daniela sono poi uscite delle interviste e dei questionari fatti negli anni ’80 e mai pubblicati prima, persi com’erano in un limbo tra Tribal Cabaret e la sua collaborazione con Rockerilla. E’ stato in quel momento che abbiamo fantasticato su come sarebbe stato affascinante, ma anche anacronistico far uscire oggi quegli articoli inediti su una fanzine. L’idea di fare una fanzine pubblicata in maniera indipendente, però era talmente entusiasmante che ci siamo convinti a provarci, anche per dimostrare che c’è ancora oggi chi ha voglia di leggere di musica su carta stampata.

D: Il numero 07 com’è strutturato?
R: Per rimanere in sintonia col passato di Tribal Cabaret, abbiamo deciso di allegare al N.7 una compilation in cassetta intitolata An Ordinary Life of Lies and Bites col relativo booklet. La conferma che ci stavamo muovendo nella direzione giusta ci è venuta quando la Spittle Records di Firenze ha contattato Daniela per stampare su vinile The Other Side of Futurism, la compilation originariamente allegata al N.5 di Tribal Cabaret del 1984, allegandoci la ristampa di quel numero della fanzine.

D: Come avete scelto i gruppi che hanno partecipato ad “An Ordinary Life of Lies and Bites”?
R: Abbiamo contattato personalmente uno ad uno tutti quei gruppi, che in qualche modo già conoscevamo e che apprezzavamo spesso chiedendo un brano specifico che ci piaceva da inserire nella compilation. Siamo molto soddisfatti del risultato finale.

D: Siete ancora in contatto con i “vecchi” collaboratori? 
R: Certo, è rimasta l’amicizia e la reciproca stima. Abbiamo messo volentieri infatti un ringraziamento a Romano Pasquini e Rita Mandolini nella seconda di copertina. Romano è un musicista, mentre Rita è un artista.

D: Come è cambiato il modo di fare una fanzine rispetto agli anni’80?
R: Sicuramente il mondo intorno è cambiato e parecchio però è rimasta immutata la voglia di esprimere se stessi parlando liberamente della musica che più ci piace. Quindi a distanza di tanti anni gli ingredienti sono rimasti gli stessi: la passione, la curiosità, la cura per l’estetica a cui si é aggiunta una buona dose di esperienza che aiuta a fare le cose meglio. 

D: Lo stile grafico mi sembra mantenuto con impianti grafici attuali, forse è più facile ora far uscire una fanzine? 
R: Per noi era prioritario mantenere uno stile grafico come quello del passato che rispecchiasse l’estetica anni ’80 di Tribal Cabaret. Anche se oggi la grafica viene fatta al computer e non con colla, trasferibili, taglierino e macchina da scrivere, c’è voluto comunque parecchio tempo e tanto impegno per realizzare il nuovo numero della fanzine. Il risultato ci soddisfa in pieno e tutti i numerosi feedback che ci stanno arrivando ci confermano di aver fatto un buon lavoro.

D: Il modo di Tribal Cabaret di proporre gli articoli e le interviste è sempre stato personale e con una forte identità, vero? 
R: Beh, questo non dovremmo essere noi a dirlo. Sicuramente ora come allora c’è sempre stata una ricerca per intervistare gli artisti che ci piacciono e che stimiamo senza scendere a compromessi.

D: Se ne esce vivi dagli anni ’80? 
R: A distanza di tempo crediamo sia evidente il peso creativo e l’importanza che hanno avuto quegli anni. C’era un circuito indipendente composto da etichette, radio, piccole agenzie di booking, autoproduzioni e fanzine, a cui si aggiungevano i negozi di dischi di importazione, che sosteneva la scena underground.

D: Tribal Cabaret è stata riavviata con il vostro sodalizio collaborativo (Daniela & Dario)? 
R: Negli ultimi anni Daniela aveva già fatto qualche tentativo per far ripartire la fanzine ma poi non se ne era mai fatto nulla. Dario è stata la persona che ha portato la giusta determinazione per riprendere questa avventura. 

D: Ci sarà un seguito ? Ovvero un numero 08?
R: Certo, ci stiamo già lavorando e prevediamo di pubblicarlo in Primavera. Ci fa davvero piacere che la schiera dei collaboratori si è raddoppiata dato che diversi amici giornalisti si sono uniti volentieri alla famiglia di Tribal Cabaret.

D: Sono curioso, molto a dirla tutta. Una piccola anticipazione, per favore? 
R: Il nuovo numero avrà in allegato un’altra compilation di gruppi selezionati da noi ed in più ci sarà un mini CD di una band italiana. Dagli archivi di Daniela è uscita fuori un’altra intervista inedita fatta alla fine degli anni ’80 e mai pubblicata che farà parte del nuovo numero. Abbiamo intervistato poi il cantante di una band di Seattle, un’artista sperimentale italiana ed il frontman di un gruppo australiano. I nostri collaboratori stanno contribuendo con racconti, recensioni ed interviste, chi ad un sostenitore delle sottoculture e della scena indipendente e chi ad un musicista di una nota band americana del passato. Può bastare come anticipazione?
… direi proprio di sì!

I brani allegati a Tribal Cabaret N. 07 sono di ZAC, Dish, Not Moving L T D , Alex Dissuader, Svetlanas, Madonnatron, Kent Steedman, Plutonium Baby, Porcelain Raft, Marcello Fraioli, La Grazia Obliqua, Sonic Jesus.

Per ricevere il N. 07 di Tribal Cabaret con la cassetta allegata (Dic. 2022, 15€) e/o il N. 05 ristampato insieme al disco “The Other side of Futurism” in vinile basta scrivere a: tribalcabaretfanzine@gmail.com.

Eighty Blues 3 ovvero non si esce vivi dagli anni’ 80 parte 3

Detonazione Dentro MeIn questo terzo post si uniscono altre voci dell’underground musicale italiano agli articoli precedenti. Raccontano quegli anni ’80 per arrivare fino ad oggi. Nelle loro parole non c’è solo la musica ma la consapevolezza d’aver vissuto gli anni ’80 con passione, intensità e di essere vivi, oggi, in modo o nell’altro.
La musica per loro è stata ed è tutt’ora un segnale di vita, un espressione umana e artistica.

Ecco le loro parole sugli anni ’80 e magari anche per leggere il presente.

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Frigidaire Tango, il tango non è più nel congelatore

Frigidaire Tango logo Verso la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta c’è stato un continuo cambiamento in musica. Un vortice di idee che travolge il movimento giovanile: si assiste a un inedito fermento creativo. L’importante non è apparire, ma esprimere la propria arte con leggerezza e spensieratezza o semplicemente comunicare il proprio disagio. I Frigidaire Tango nascono in questo periodo e appartengono a questa nuova ondata musicale (new wave) nel panorama indipendente. Mi ricordavo molto bene le parole di Marco Pandin sui Frigidaire Tango: “… di tutti loro ho comunque ricordi molto belli, mi sono sempre trovato molto bene, musicalmente/tecnicamente erano tutti molto dotati, davvero molto bravi e brillanti, e persone care, non montate, molto generosi e disponibili … I Frigidaire Tango hanno aperto i concerti di Adrian Borland e dei The Sound e non c’era proprio storia: erano credibili, tecnicamente perfetti, molto potenti, impatto fortissimo …“. Ho contattato Carlo Cazale, membro fondatore del gruppo, per chiedergli un suo pensiero per il post Eighty Blues ovvero non si esce vivi dagli anni’ 80. Non era però sufficiente per conoscere a fondo la storia dei Frigidaire Tango, volevo di più e allora abbiamo cominciato parlarne perché la vita del gruppo è giunta fin quasi ad oggi.

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FREE: da fanzine a rivista contenitore. Paolo Cesaretti e la Firenze all’inizio degli anni ottanta

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FREE era una fanzine musicale nata a Firenze durante gli anni ’80.
FREE era una fanzine che sia per la qualità dei contenuti che per la “forma“, la si poteva considerare una rivista propriamente “contenitore“.
A FREE era allegato un vinile originale.
Di FREE, parlando con un amico, lui mi disse: “… la mia fanzine dopo averla letta potevi anche buttarla. FREE no. La conservavi, la rileggevi.” Uno degli ideatori di FREE è stato Paolo Cesaretti, ora architetto e designer e con lui ho avuto la fortuna e il piacere di scambiare qualche domanda sulla rivista, su quello che ci stava dietro e attorno. Ovviamente stiamo trattando della scena musicale indipendente italiana e non degli anni ’80.
Le risposte possono sembrare un po’ lunghe , quasi dei racconti – del resto come in altre interviste di questo blog – ma a noi non importa, a noi piace così.

Domanda: FREE, un nome semplice, diretto e facile da pronunciare, perché?
Risposta: Free!, libero di dire ciò che pensi ma anche gratuito. Si, certo, inizialmente è una fanzine fotocopiata, distribuita gratuitamente. Da qui il nome. Capisco che oggi la free press sia un fenomeno generalmente accreditato, ma nell’81 è ancora una cosa piuttosto bizzarra, dal sapore vagamente militante. Siamo un gruppetto di compagni di scuola che ha desiderio di condivisione. Con grande ingenuità e aspettativa autoproduciamo una fanzine, la distribuiamo in qualche negozio di dischi, la inviamo alle due-tre radio di cui ci piacciono i programmi. Ne escono cinque numeri, non credo che la tiratura abbia mai superato il centinaio di copie a numero.

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