Il ragazzo di questa celebre canzone della metà degli anni ’60 del secolo scorso canta, con nostalgia, di una via circondata dall’erba, ma che ora è sommersa dal grigio cemento degli edifici.
Sono passati decenni da questa canzone di protesta eppure il suo significato resta ancora valido: si può dire che sia stata “profetica“. Ora si parla di consumo di territorio, di lottizzazioni ai limiti, oltre ogni normativa edilizia. Capita spesso che in alternativa al recupero di edifici già esistenti ma in disuso, si preferisca creare nuovi agglomerati da edificare.
La canzone rientra di fatto nelle folk songs di protesta: suonata con accompagnamento di chitarra acustica per enfatizzare il testo cantato.
La chiusa finale ha un interrogativo semplice ma diretto: perché “non lasciano l’erba?“. Fa riflettere.
Questa è la storia
di uno di noi
anche lui nato per caso in Via Gluck
in una casa fuori città
gente tranquilla che lavorava.Là dove c’era l’erba ora c’è
una città
e quella casa
in mezzo al verde ormai
dove sarà?Questo ragazzo della Via Gluck
si divertiva a giocare con me
ma un giorno disse
“Vado in città”
e lo diceva mentre piangeva
io gli domando, “Amico
non sei contento?
Vai finalmente a stare in città
là troverai le cose che non hai avuto qui
potrai lavarti in casa senza andar
giù nel cortile”.“Mio caro amico”, disse
“qui sono nato,
e in questa strada
ora lascio il mio cuore.
Ma come fai a non capire
ch’è una fortuna per voi che restate
a piedi nudi a giocare nei prati
mentre là in centro respiro il cemento.
Ma verrà un giorno che ritornerò
ancora qui
e sentirò l’amico treno
che fischia così
wa wa!”.Passano gli anni
ma otto son lunghi
però quel ragazzo ne ha fatta di strada
ma non si scorda la sua prima casa
ora coi soldi lui può comperarla.Torna e non trova gli amici che aveva
solo case su case
catrame e cemento.
Là dove c’era l’erba ora c’è
una città
e quella casa in mezzo al verde ormai
dove sarà?Eh ya ya ya
Eeh
non so, non so
perché continuano
a costruire le case
e non lasciano l’erba
non lasciano l’erba
non lasciano l’erba
non lasciano l’erbaEh no
se andiamo avanti così
chissà
come si farà,
chissà…
Riferimenti
- Parole di Luciano Beretta e Miki Del Prete. Musica di Adriano Celentano e Detto Mariano
- La canzone fu presentata al festival di Sanremo del 1966, eliminata al primo turno
- Scritto e pubblicato per Riusa: il portale dell’economia circolare
Non abbiamo ancora imparato nulla…
a me fa tanto ridere però anche la canzone risposta che gli fece gaber!
Ciao Federica grazie per il tuo commento! Mi aiuti a ricordare la canzone di Gaber?
Una canzone sempre attuale! E dire che sarà sempre peggio! La conosco sin da piccola, beh insomma lui sarebbe anche l’uomo della mia vita … da sempre! ma non sapevo fosse del ’66
Si sì, profetica davvero. Cara Signora Celentano, grazie del tuo commento.
Ah ah ah ah ma nooooooo! In altri tempi lo avrei desiderato
Buona giornata a te
Certo …
🙂
ELIMINATA AL PRIMO TURNO a San Remo, ennesima conferma di quello che penso di concorsi, giurie e cose simili!
Così va il mondo della canzone… resta il fatto che fu profetica, non trovi?
Grazie d’essere passato qui, ciao.
Andasse così il mondo della canzone solamente, ma ahimè succede in campi più strategici.
Mah!… più che profetica (io che purtroppo ho l’età per dire: “Io c’ero”) il sentimento che ispira la canzone nasceva proprio dalla nascita selvaggia proprio allora di interi quartieri, ammassi di alveari. È un’esperienza di cui sono stato sofferto testimone. Anzi, credo, che mai come a quel tempo (almeno, qui a Milano) si sia costruito tanto.
Il fatto poi della deturpazione in tutti gli anni successivi di luoghi turistici e panorami irripetibili, beh… non alludo a quelli.
Il mio discorso è limitato alla via Gluck, anonima via di periferia come la mia in cui sono nato e cresciuto e analoga a tante altre, qui a Milano.
(Se non passo è proprio per la ragioni da me addotte per il tema sopra trattato, chiamale “età”, sono fermo a Chet Baker, Miles Davis, Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Oscar Peterson, George Shearing….
Grazie a te per il garbo che ti è usuale.
Eh, sì, la devastazione del territorio italiano è cominciata tanti anni fa, e finirà solo quando saremo completamente sommersi dal cemento.
Cara Silvia, infatti è stato, diciamo così, il modo di dire: consumo di territorio. Grazie della tua visita.
le canzoni come la poesia o tutte e due le cose, sono sempre profetiche, specie quando come in questo caso, diventano un’icone. Sarà anche il simbolo di una carriera, ma quanto aveva ragione!
Ciao Barman, non posso che essere d’accordo con te.
Sempre un piacere leggerti.
Vivendo a Milano quando passo dalla via Gluck faccio davvero fatica a immaginare che un tempo ci potesse essere l’erba.
Immagino la tua situazione… comunque di anni ne sono trascorsi, più di otto che erano già tanti.
Grazie, è un piacere ricevere il tuo commento.
erba o … erba?
Hahahah … vedrai che in un prossimo post ne tratterò.
Abbiamo davvero devastato un Eden!
Ehm, forse ma quasi … 🙂
Celentano l’ha sempre vista lunga! Ciaoooo
La canzone nella sua semplicità fa emergere non solo sentimenti nostalgici ma riflessioni sull’uso delle lottizzazioni senza una visione d’insieme. Grazie e buona domenica.
Buona domenica a te
Diverse sue canzoni sono state profetiche.
Cara Fulvia, questa canzone ne rientra appieno. Come scrivevo negli altri commenti, resto sempre senza parole nel vedere le cementificazioni selvagge che abbiamo fatto o che abbiamo lasciato fare.
Argomento che ho tentato di trattare parlando del fatto che anche dalle mie parti si continui a costruire nonostante molti edifici già presenti rimangano invenduti e vuoti. Elogio alla stupidità.
Meglio consumare il territorio che invece recuperare vecchie aree. In questo le nostre amministrazioni locali hanno creato nella pianura e nord est dei piccoli “mostri di cemento”.
Qui a Padova è sempre peggio
Ti credo, siamo nel nord-est.
Sono nata negli anni ’90, ma nonostante ciò, certe canzoni di Celentano le ascolto volentieri. Questa ha senza dubbio un significato incredibilmente attuale e riflessivo.
Ciao Monique, grazie per il tuo commento qui.
Sì, mi ha colpito per il testo valido anche oggi e per la forma / canzone di protesta.
profetiche alcune sua cose, anche se devo dire che non mi ha mai del tutto stregato come artista! Ciao Enri
Sai l’ho scelta per il suo significato del tempo e resta tutt’ora valido. Grazie e ciao.
Che, detta così, la frase finale può sembrare un inno allo spinello XD
Moz-
Ciao Mikimoz! Grazie del tuo intervento “erboso”… si sì, possiamo dire che c’è pure questo risvolto. Grazie.
attualissima canzone, celentano in bene o in male non farà mai parte del gregge. buon sabato enri
Indubbiamente.
La canzone anche a distanza di anni era e resta profetica. Buon sabato Viki.
Celentano aveva visto in anticipo ciò che sarebbe successo alle nostre città. Cementificate da palazzinari speculatori con il solo scopo di fare soldi. Quello che avviene oggi con le grandi opere iniziate e mai portate a termine.
Dici bene, trovo condivisibile il tuo commento. Fra l’altro il video della canzone è proprio centrato sull’argomento. Grazie.
L’uomo non ha capito che senza rispetto per il pianeta, prima o poi pagherà la sua arroganza di superiorità.
Saluti a presto.
Meglio tardi che mai…
A parte gli scherzi, ho scelto il brano di Celentano per il suo “appello” contro… resta drammaticamente attuale. Grazie e complimenti per il tuo blog in cui segnali sempre temi importanti.
Non ho mai amato il molleggiato , ancor meno nella sua versione da Pagnottista della politica , ma le proteste in questo senso restano vive e di attualità , soprattutto perché non cogliamo quasi mai l’occasione per migliorare
Infatti ho scelto questo brano per la sua attualità: lo spreco di territorio italiano. La cosiddetta Padania ne è un amaro esempio.
Il video nella sua semplicità molto diretta è la perfetta sintesi. Grazie del tuo intervento.