5 Perché dovevi registrare un vinile negli anni ’80?

Giacomo Spazio è un artista underground a tutto tondo: musicista, grafico e pittore, nonché fondatore della fanzine Vinile e fondatore dell’etichetta discografica Vox Pop.
Le sue attività iniziarono negli anni’80 a Milano, è stato anche membro fondatore della band new wave 2+2=5.
Sentiamo da Giacomo perché si doveva registrare un vinile negli ann’80.

2+2=5 Giacomo Spazio Trevor Finn Rieko

Giacomo Spazio, inseguitore di sogni

Non ho mai pensato che fare un disco in vinile fosse importante.
Quando ho iniziato ad occuparmi seriamente di musica, producevo K7 (tape). Belle, bellissime. Facili da comperare e ancora più semplici da registrare, in casa con la doppia piastra. Vero DIY.
Regitrare un disco in vinile, arrivò, anni dopo. Quando Nino si convinse che potevamo insieme produrre qualcosa di interessante. Solo allora, finite le registrazioni di “…Into The Future…” con Rieko che ci diede man forte suonando le tastiere, pensammo che era il momento di stampare un vero e proprio LP. Ci aiutò in questo la Ma.So. e finalmente la nostra band, che in culo alle regole, avevamo battezzato con un operazione matematica (2+2=5), diventò reale. Tutti, al dire il vero non proprio tutti poiché stampammo 500 copie, si accorsero che esistevamo.
Persino la rivista inglese NME, parlò del nostro disco. Ma concerti praticamente nulla. Quelli arrivarono dopo, quando le strade artistiche di ognuno iniziarono a prendere direzioni differenti. Ma sono davvero felice di avere pubblicato dei dischi in gioventù, sia per l’amicizia che mi lega ancora ai miei compagni di avventura, sia perché (come tutti quelli che allora hanno lasciato un segno tangibile) abbiamo inciso in maniera indelebile la STORIA di questa nazione!

Eighty Blues 2 ovvero non si esce vivi dagli anni’ 80 parte 2

Il primo post sugli anni ’80 mi ha spinto a sentire altre persone per cui la scena underground musicale anni ’80 è stata di stimolo vitale, di crescita umana.

Ecco le loro parole.

Matteo B. Bianchi a Victor Victoria 09Matteo B. Bianchi, scrittore, autore tv, blogger

All’inizio degli anni ’80 avevo 14 anni. E’ stato il decennio della mia adolescenza e dell’ingresso nell’età adulta. Il mio momento formativo per eccellenza. E’ ovvio che per me sia stato un periodo entusiasmante e carico di stimoli. Se gli anni 70 (visti da bambino) mi sono parsi cupi, pesanti e acustici, gli ’80 sono stati l’esplosione dell’elettronica, dell’estetica come espressione artistica (suonare in una band significava anche avere un’immagine complessiva, che si rifletteva nell’abbigliamento, nelle copertine dei dischi, nei videoclip), della provocazione sessuale (Boy George, i Soft Cell, i Bronsky Beat, i Frankie Goes To Hollywood….). Per un ragazzino come me, una vera rivoluzione. Ma gli ’80 ai miei occhi sono stati anche la scoperta dell’autoproduzione: le fanzine, le rock band indipendenti, le piccole etichette. Ho capito che qualcosa stava cambiando e soprattutto che era possibile partecipare (in piccolo) al cambiamento: anch’io potevo fare la mia rivista fotocopiata, distribuire demotape, organizzare un festivalino di musica.

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