Catastrofisti che non siete altro

Mario Calabresi Cosa tiene accese le stelleNon so, voi, ma io soffro a vedere con quanta arroganza l’umanità si autodistrugga. Vorrei fuggire lontano da questi pazzi che non si accorgono di essere su un treno lanciato in velocità contro un muro. Mi irrita vivere in un mondo che si inebria dell’overdose di energia, che si bea dell’illusione di poter crescere infinitamente e che non ha nemmeno il coraggio di domandarsi che succederà quando la pacchia sarà finita.

Ma supponiamo anche per un solo istante che l’economia possa ancora crescere, che sotto i nostri piedi ci siano enormi giacimenti inesplorati di petrolio, rame, uranio e banane fritte: io lo stesso provo un grandissimo disagio a vivere sulle spalle di due terzi dell’umanità, sottopagando il loro lavoro, depauperando la loro terra di preziose risorse, respingendoli alle frontiere perché non possano godere del benessere che ci procurano.

La pensate anche voi così? Pensate che questo sistema capital-consumistico sia alla frutta, e che le prossime ristrettezze energetiche e alimentari ci metteranno in ginocchio? Avete torto. Questo libro di Mario Calabresi, giovane direttore de La Stampa di Torino, vi dimostra che è tutto nella vostra testa, e che con un po’ di zucchero la pillola va giù, la pillola va giù,la pillola va giù.

L’Italia si riscatterà da questo periodo buio, e con essa il sistema predatorio che ha abbracciato, questo è il messaggio di Calabresi. Leggiamo dalla presentazione che la nonna di Mario andava a letto esausta, dopo una giornata spesa a lavare montagne di lenzuola e pannolini. Poi un giorno paf! la fatina azzurra le ha materializzato la lavatrice, lo spartiacque tra il prima e il dopo. Il fatto che in un paio di generazioni di sprechi ci siamo giocati l’energia per far funzionare quelle macchine non sfiora il nostro Mario.

Calabresi parla di scienziati, artisti, imprenditori, giornalisti e persone comuni che hanno inseguito i propri sogni, e si sono realizzati: chi ha guarito i malati incurabili, chi è diventato un prestigioso astronomo e spera ancora di vedere l’uomo su Marte, chi ha trasformato la sua tesi di laurea in un’azienda californiana di successo. Invece oggi i giovani non investono più nel proprio futuro perché sono attanagliati da uno scoramento profondo, da una rassegnazione che si trasmette endemicamente, o per via ereditaria.

Il senso è, più o meno: “Orsù, giovani, se non riuscite a trovare lavoro non c’entra la globalizzazione, né il collasso del sistema. È solo perché non avete l’ottimismo dei cercatori d’oro del Klondike!”

Consideravo Calabresi un buon giornalista, ma questo peana del sogno americano, del successo di pochi a scapito di molti, mi ha molto deluso. E delude soprattutto il fatto che non si tenga conto della sbornia dello sfruttamento delle materie prime, che ha realizzato il mondo così come lo conosciamo (come cantano i R.E.M.), attribuendo invece la causa del benessere di oggi allo spirito pionieristico dei nostri padri.

Il libro sprizza ottimismo da ogni pagina, e intervista persone di valore: Umberto Veronesi, l’oncologo che sostiene inceneritori e centrali nucleari, Massimo Moratti, il presidente più pirla del calcio italiano (che se non fosse nato ricco, ora non sarebbe nessuno), e Jovanotti, la negazione della musica che si guadagna da vivere facendo il cantante.

Come dire: se ce l’hanno fatta loro, ce la farete anche voi. Siete gli unici responsabili del vostro lavoro precario di merda, datevi da fare, perdio!

Spero che questo libro non lo legga nessuno. Io farò la mia parte.

 

Cosa tiene accese le stelle. Storie di italiani che non hanno mai smesso di credere nel futuro
Autore: Calabresi Mario
Prezzo:  € 17,00
2011, 130 pagine, brossura
Mondadori (collana Strade blu. Non Fiction)

7 commenti per Catastrofisti che non siete altro

  • valdés

    Non c’è dubbio che di fronte alla finitezza delle risorse ,occorre da un lato ridurre drasticamente e diversificare (in senso qualitativo ) i consumi . Ciò che comporta la riduzione e diversificazione della produzione …e in sostanza una massiccia contrazione occupazionale e , per i livelli drammatici ai quali già siamo , ad una fosca prospettiva di disoccupazione di massa. Il problema è quindi non limitabile a cambiamenti di stile di vita (ai quali aderire con assennata e libera scelta individuale ). Il problema di gran lunga più difficile e più complesso è quello del superamento del modello individualista totalizzante in cui siamo immersi e la contrattazione di un nuovo modello di relazioni sociali ed economiche basato su solidarietà ed eguaglianza (interna ed internazionale) .

  • Mirco

    Capitano non te lo voglio dire, ma c’è in mezzo al mare una donna bianca,così enorme, alla luce delle stelle, che di guardarla uno non si stanca.
    Il capitano disse al mozzo di bordo:”Giovanotto, io non vedo niente.
    C’è solo un pò di nebbia che annuncia il sole.
    Andiamo avanti tranquillamente”.
    (da una bella canzone di De Gregori)
    L’enorme donna bianca era un iceberg e il Titanic affondò.

  • Dobbiamo smetterla di consumare, altro che cercare nuovi giacimenti. Tempo fa leggevo una notizia che il riscaldamento del globo permetterà lo sfruttamento di nuovi giacimenti petroliferi nel polonord e già si scannano per rivendicarne la proprietà! 🙁

  • antonio

    ho giusto riletto in questi giorni un’interessante documento sulla caduta dell’impero romano scaricabile in pdf a questo link: http://www.aspoitalia.it/archivio-articoli/258-la-caduta-dellimpero-romano-un-modello-dinamico
    lo consiglio come riflessione sui limiti umani, purtroppo questo libercolo dimostra che dopo 2000 anni non sono cambiati.
    Che dire…. ai posteri l’ardua sentenza, peccato che probabilmente i posteri non saranno molto contenti dello stupido egoismo con cui governiamo le nostre azioni e della nostra incapacità di guardare al di la del nostro naso

    • Michele Bottari

      Mentre il direttore cerca di convincerci che il turbo-capitalismo sta
      bene, i giornalisti della stampa parlano di una popolazione amazzonica
      che, non sapendo contare, non ha nemmeno la nozione del tempo.
      http://www3.lastampa.it/costume/sezioni/articolo/lstp/403575/

      Chissà se hanno il cellulare e il wifi, e, soprattutto, chissà se sono felici.

      • Antonio

        cito questo passaggio:

        gli Amondawa, che, peraltro, hanno goduto di un isolamento straordinario, visto che sono stati «contattati» dagli antropologi in tempi relativamente recenti, nel 1986. Da allora hanno cercato in tutti i modi di preservare il proprio stile di vita, arricchito da continue feste e rituali.”

        Stanno cercando di preservare il loro stile di vita il che significa che stanno bene così anche di fronte alle nostre diavolerie tecnologiche, non è la prima volta che sento di popolazioni primitive che vogliono difendere il loro stile di vita alla faccia di chi crede che siano “solo dei selvaggi“. Per esempio i sentinelesi delle Andamane, forse la tribù più isolata al mondo che ha avuto pochissimi contatti con popolazioni esterne, per esempio in occasione di missioni studio che sono state accolte con lancio di frecce e lance, l’ho visto nei filmati governativi indiani che ti fanno vedere alle Andamane.

        I pazzi siamo noi!

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