Anna: Sei a casa, papà? Se si, allora passo che ti porto un biglietto.
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Anna: Sei a casa, papà? Se si, allora passo che ti porto un biglietto. Finita una riunione con un collega, abbiamo parlato dei nostri figli. Concordavamo sul fatto che i figli sono riusciti ad organizzarsi per vedersi fra amiche ed amici, utilizzando svariati programmi di videoconferenza e di gioco nella rete internet. Si parlano e giocano in rete, interagendo fra “loro” e con il gioco. Mentre sto preparando da mangiare, ascolto i loro dialoghi surreali : a volte sembra che mi stiano chiedendo qualcosa… si fanno una gran risata: “È mio padre che non ha ancora capito che sto giocando con voi”. Allora io che combino? Mi faccio passare la cuffia da mio figlio e comincio a dire agli altri giocatori: “Attento! Alla tua destra, abbassati. Sposta, salta. Guarda alla tua sinistra che è invece la mia sinistra con super orizzontale di lunghezza siderale, abbassa a ore ventidue, con centottanta gradi. Corri su dai, piglia in basso”……Insomma creo una grande confusione ai giocatori in rete . Tutti ci facciamo una gran risata e … pazienza se hanno perso. Foto di Rafael Javier da PixabayTorno sul dopo cena, cosa guardare che non duri troppo e che sia interessante ma divertente? Dopo varie puntate di Rick and Morty, The Mandalorian e Big bang theory, si doveva vedere qualcos’altro. Ci ha pensato G. (figlio): “Dovete vedere Cowboy!” Noi: “Eh? E sarebbe?!?”. Lui: “Un anime“. Vale a dire un cortometraggio a cartoni animati giapponesi (spero di avere reso l’idea…). La serie è una sorta di noir fantascientifico con una colonna sonora composta di vari stili musicali di jazz e blues, un particolare molto interessante che identifica in modo originale la serie. I protagonisti sono dei cacciatori di taglie che navigano nello spazio, di pianeta in pianeta, per ricercare criminali. Hanno un’astronave chiamata Bebop. Uno degli aspetti della serie è il taglio psicologico dei personaggi: tutti hanno un qualcosa di irrisolto, con cui dovranno confrontarsi prima o poi. Niente male, davvero. Gli episodi durano venti minuti e solitamente ne guardiamo due o tre e poi a nanna. Meglio di così… Dedicato a G. e al jazzista Guido. Non so voi, ma dopo una giornata di telelavoro, di faccende domestiche e culinarie, può essere piacevole guardare un film, con la condizione che non duri troppo. Difficile trovarne uno, però. Allora G. (figlio) e Anna hanno detto: “Allora scegliamo una serie TV!“. Infatti è stata una buona idea, perché le puntate di queste serie durano dai 20 ai 40 minuti. E cosa scegliere? I due ragazzi hanno proposto: Rick and Morty, The Mandalorian e Big bang theory. Rick and Morty, di cui i protagonisti sono questi ultimi, racconta avventure bizzarre e paradossali in dimensioni spazio temporali. Il primo è lo scienziato pazzo nonché nonno del secondo, che lo accompagna in ogni suo viaggio intergalattico dimensionale. Il nonno è un personaggio fuori da ogni schema educativo: irriverente e sarcastico, poco sobrio ed educato, ma ogni caso il nipote prova a riportarlo sulla retta via. Le storie sono demenziali, divertenti e fantascientifiche. The Mandalorian è ambientato nell’universo di Guerre Stellari (Star Wars), ma è una storia parallela rispetto a quelle ben più famose. Il bello però è che più appassionante degli ultimi film! In pratica l’eroe è un cacciatore di taglie e vivrà svariate avventure, fra cui quella di proteggere una delle sue prede dalle grinfie dell’Impero. In The Big Bang Theory i protagonisti sono dei ricercatori universitari ultra intelligenti ( due fisici teorici, un ingegnere e un astrogisico), ma completamente incapaci nella vita quotidiana o meglio l’affrontano a modo loro, applicando regole di fisica, di matematica ecc. e inserendo continui aneddoti appartenenti al mondo scentifico e della cultura nerd. Vi lascio immaginare gli equivoci e il “non ho capito” da parte di chi non fa parte del mondo della scienza, come può essere la bella vicina d’appartamento dei protagonisti. Situazioni paradossali e battute a raffica. Un aspetto fastidioso per me, sono le risate del pubblico in sottofondo ad ogni battuta. L’immagine di copertina dell’articolo è a cura di Anna, che ringrazio. Siamo giunti alla fine di questa giornata domenicale e si iniziano le procedure per la cena o per ingannarne l’attesa. In cucina c’è chi sta “menando” la polenta taragna nella pentola, c’è chi sta facendo un video riprendendo G. (figlio) mentre gioca a calcio con una pallina anti – stress e c’è chi alle otto di sera dal terrazzo saluta con entusiamo i rari passanti (forse li vede solo lei) e poi si mette il cuore in pace e sopra il materassino da yoga fa gli esercizi d’atletica (questa è Anna). G. (figlio) mi fa ascoltare Gigaton dei Pearl Jam, il loro ultimo album uscito da poco. Mi è sembrato un bel album nel loro stile rock – grunge e mi è piaciuto subito! Fra tutti i brani quello che mi ha colpito maggiormente è Dance of the Clairvoyants: è una bella novità stilistica, sembra un salto nella musica new wave degli anni’80, fra Talking Heads e chitarre no wave. Sempre affascinante e magnetica la voce di Eddie Vedder. Il testo tratta di suggestioni poetiche sull’amore e sulla crescita personale. Il video è ricco di riprese e carrellate aeree sui cieli stellati, le montagne, sulle api laboriose, l’oceano mentre gli sciamani cantano e suonano questo meraviglioso pezzo. G. ha scovato il testo e la traduzione della canzone, che potete trovare alla fine del post. G. poi alla fine della procedura per la cena dice ridacchiando: “Questa canzone la conosci?“. Io: “E certo …“. Effettivamente Pyscho Killer dei Talking Heads ci sta proprio: sia per il finale pazzerellone domenicale e come ispirazione per la canzone dei Pearl Jam (almeno così penso). Traduzione a cura del sito Pearl Jam online.it
Ascoltando la voce di Dolores O’Riordan dei Cranberries nel brano Ode to my family. Aspettando che G. torni dalla partita, mentre A. riposa dalla febbre di ieri sera. La voce di Dolores è brillante, è dolce, è rabbiosa, a volte squillante, a volte ha delle punte di profondità. Aspettando G. per pranzare assieme alla mia famiglia. Buona Domenica.
Seguo con lo sguardo le impronte sulla neve. Una canzone che mi ha sempre colpito, perché l’ho fatta profondamente mia vedendo lo sguardo dei miei figli. Culodritto di Francesco Guccini, dall’abum Signora Bovary (1987)
Mi ero seduto sul bracciolo del divano, voi stavate guardando un film d’animazione.
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