Da Battiato a Ernest Henry Shackleton

Copertina del libro di Mirella Tenderini La lunga notte di ShackletonHo conosciuto per la prima volta le imprese dell’esploratore britannico Sir Ernest Henry Shackleton ascoltando l’omonimo brano di Franco Battiato dall’album Gommalacca.
Il testo di Manlio Sgalambro racconta l’ultima avventura dell’esploratore al Polo Sud, all’inizio del ‘900.
Shackleton era un veterano della regione antartica, perché aveva partecipato e guidato alcune esplorazioni al Polo Sud. Questa sarebbe stata la sua ennesima impresa di tracciare una nuova strada nell’attraversamento del Polo Sud. Purtroppo la nave Endurance restò bloccata e stritolata fra i ghiacci e quindi lui e i suoi compagni dovettero raggiungere l’Isola Elefante, trascinando sulla banchisa tre scialuppe cariche di viveri.
Il vanto di Shackleton era di non aver mai perso un solo uomo al suo comando e da qui nacque la sua ultima coraggiosa impresa.
Partì assieme a pochi uomini per navigare fino alla Georgia del Sud per chiedere soccorso, “mentre i 22 superstiti dell’isola Elefante sopportavano un tremendo inverno”. [1]

La canzone di Franco Battiato è piuttosto straniante e con un tono lievemente epico, il finale termina in una specie di mantra, ripetendo il cognome dell’esploratore.
Il brano mi era sempre piaciuto ma non mi ero mai incuriosito sul protagonista, forse proprio perché il testo raccontava tutto su Shackleton.

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