Franti 2016 situazione non classificata

Franti, riprendendo quelle situazioni …

Talvolta parlando con amici e conoscenti ci si chiede … e i Franti? Chi per curiosità, chi per amicizia ma soprattutto per chi l’esperienza lasciata dal collettivo musicale torinese era ed è rimasta importante.

Pur non amando le classificazioni, i Franti si autodefinirono una hardcore folk band.

Lalli, Stefano Giaccone e gli altri componenti dei Franti hanno continuato da soli o a volte incrociandosi ma troppo forte è la memoria musicale dei Franti lasciata a molto di noi, sulla società, sul lavoro, sul rapportarsi con gli altri. Tutto nasceva dalla loro musica per raggiungere chi aveva o ha il desiderio di non essere assimilato a una persona non pensante. Una delle loro caratteristiche fu di attenersi alla completa autogestione: dischi, cassette audio e concerti con la loro supervisione.

La non etichetta stella*nera di Marco Pandin ristabilisce un contatto con l’opera dei Franti, ristampando i 3 CD di “Non Classificato” e l’album di Stefano Dellifranti “Non un uomo né un soldo …”, entrambi esauriti da tempo. L’edizione del 2015 contiene i tre album e un libro ricco ricco di materiali sui Franti. Entrambe le edizioni sono state curate personalmente da Marco Pandin con Ettore Valmassoi e l’approvazione dei membri del gruppo torinese.

Dopo aver avuto fra le mani queste ristampe, ho voluto parlarne con Marco.

Domanda: Da dove nascono registrazioni de “Non un uomo né un soldo …”?
Risposta: Si era nel gennaio e febbraio 1991, prima guerra del Golfo, alla fine dell’escalation di eventi che avevano portato all’operazione Desert Storm. Stefano Giaccone, Lalli e Toni Ciavarra avevano raccolto una manciata di canzoni per dire ancora una volta no alla guerra. Sono bastate poche ore, buona la prima. Ne era stata fatta una cassetta a nome Stefano Dellifranti (+ Lalli e Toni), titolo “Non un uomo né un soldo”, messa in circolazione in poche copie di fattura casalinga, invitando a copiare e diffondere. Un messaggio in bottiglia, come si fa da sempre, affidato al mare con la speranza che non arrivi sulla spiaggia sbagliata.

Franti dal vivo Lalli e Stefano GiacconeD: Come mai avete sentito l’esigenza di tirarle fuori dal cassetto e riproporle, a distanza di così tanti anni?
R: L’abbiamo fatto su suggerimento dello stesso Stefano Giaccone, a fronte delle tante e reiterate richieste che abbiamo avuto in questi ultimi tempi. Ettore ed io ci siamo dati da fare per rintracciare una copia messa bene della cassetta, poi l’abbiamo trovata. Abbiamo cercato di mantenerne intatta l’ispirazione originaria, mettendo in circolazione un cd-r ricavato da un nastro di prima generazione amorevolmente e rispettosamente trasferito in forma digitale. Diffusione sotto l’orizzonte, niente prezzo né bollini, offerta libera. Abbiamo in mente di recuperare altre cose di allora, Ettore ed io abbiamo già rintracciato dei master e stiamo facendo restaurare alcune registrazioni che riteniamo ancora attuali: ad esempio i due dischi degli Orsi Lucille che risalgono ai primi anni ‘90, il libretto e la cassetta “Schizzi di sangue” edita da Blu Bus nel 1985, poi la cassetta “Musica per Anarres” del 1992 che abbiamo recuperato tramite un carissimo compagno di Salerno, il doppio album “F/Ear this!” uscito a sostegno della A/Rivista Anarchica trent’anni fa. Abbiamo l’intenzione di pubblicare già qualcosa nel corso del 2017, il resto quando possibile.

D: Marco, ti sei occupato tu delle riedizioni dei Franti… Il libro allegato a quest’ultima edizione è ricco di materiali e mi pare che hai evitato un taglio, diciamo così, nostalgico.
R: Sono stato coinvolto nella realizzazione dei vari lavori di Franti sin dai primi anni ‘80, da quando hanno stampato su vinile la loro cassetta “Luna nera”. Si era nel 1983-1984, per farlo ci si era organizzati tra alcuni compagni, eravamo tutti molto presi in giri alternativi e indipendenti, tutti con un senso forte di condivisione e solidarietà. E’ così che è nato tutto, io non sono né sono mai stato il loro produttore discografico: è che siamo sempre stati molto vicini, molto amici, ed abbiamo mantenuto vicinanza ed amicizia nel tempo, anche se non c’era più Franti. Tra di noi non c’erano di mezzo tiramenti musicali né di soldi, il nostro era davvero un sogno comune molto sentito e vissuto, una fratellanza che l’interruzione dell’attività del gruppo non ha spento né rallentato. Come senz’altro già saprai, il gruppo ha sempre praticato l’autogestione totale dei concerti e della realizzazione e distribuzione dei propri dischi, e c’era un’attenzione particolare alla gestione del ricavato della diffusione. Va detto che non sono mai state raccolte delle grosse cifre, nessuno si è mai arricchito: la tiratura media di un disco era circa di un migliaio di copie, il contributo richiesto era decisamente inferiore al costo dei dischi in circolazione allora. Una parte  della tiratura andava inevitabilmente a finire nel buco nero dei distributori indipendenti e alternativi che non pagavano e scomparivano, o che magari offrivano del materiale in scambio, roba che spesso si rivelava non essere facilmente smerciabile. Ma era così che funzionava..

D: Le ristampe che hai fatto sono iniziative a sostegno della stampa anarchica. E’ una scelta esplicita e coraggiosa.
R: Verso la fine degli anni ‘90 Massimo, Lalli, Marco, Vanni e Stefano hanno tutti acconsentito a che la ristampa dei vari materiali di Franti fosse curata da me per conto di A/Rivista Anarchica. Per questo motivo, e per tutto quello che ho raccontato prima, sento di essere “uno di Franti” anch’io. Di questo sono assai orgoglioso. Come magari già sai, il contributo mio e di tutti gli altri individui e gruppi coinvolti nella realizzazione dei vari progetti sono stati sempre ed assolutamente volontari e non retribuiti. Tolte le spese vive di realizzazione, le somme raccolte da stella*nera hanno sempre finanziato A/Rivista Anarchica.

Franti volantino di Luna neraD: Come li hai conosciuti, i Franti?
R: Negli anni ’70 -’80 le informazioni viaggiavano in maniera lenta, passavano tempi consistenti tra il venire a sapere che una certa cassetta o un certo disco erano stati fatti, e il riuscire a metterci mani ed orecchie addosso. Inoltre, tra l’ascolto di una cassetta o di un disco e l’acquisizione di informazioni (sui musicisti, sulla realizzazione, sul contesto etc.) passava un ulteriore intervallo di tempo significativo. Avevo saputo di una loro cassetta, e me l’ero procurata tramite un mio collega torinese pure lui appassionato di musica, dentro c’erano solo due pezzi piuttosto lunghi per come si usava all’epoca, avevano messo in musica addirittura un testo di Cesare Pavese. Poi ho saputo che ne avevano fatta un’altra che si chiamava “Luna nera”, me la sono fatta mandare e penso che sia tra le cose che ho senz’altro più ascoltato ed amato. Così gli ho scritto, dopo un po’ mi hanno risposto, e poi la cosa è andata avanti. I Franti mi avevano davvero preso molto.

D: Cosa ti attraeva di loro?
R: Anch’io negli anni ‘70 suonavo in un gruppo, ho smesso nei primissimi anni ‘80 anche per una certa crisi personale innescata dall’impatto con la cultura anarcopunk. Come dire, ho respirato anch’io l’aria delle cantine, mi sono sbattuto anch’io per recuperare strumenti e amplificazione, mi sento parte dell’ambiente. C’erano senz’altro delle affinità nel nostro modo di sviluppare creatività, come ce n’erano nel nostro malessere. Loro, i Franti, ed io avevamo press’a poco la stessa età e press’a poco le stesse storie familiari, vivevamo in quartieri operai, eravamo attratti da forme culturali simili, come simili erano i nostri sogni. Per dire, condividevamo l’amore per certe canzoni e certi libri e certo cinema, come una certa idea dell’America, del jazz militante, dell’antimilitarismo, della ribellione. Ci accomunava anche il vivere male certa ideologia che ci stava troppo stretta addosso, non so se mi spiego. Una cosa che mi ha fatto andare velocemente via di testa erano i loro testi: mi ritrovavo ad ascoltare dalla voce di Lalli e Stefano alcune cose che avrei voluto dire io, cose che avevo pensato ed erano rimaste incastrate dentro da qualche parte in testa senza poi venire fuori.

D: Leggendo e ascoltando “Non classificato” si resta colpiti dall’impegno politico e sociale del gruppo torinese, possiamo inquadrarlo nel periodo storico?
R: Gli anni ‘80 ufficiali, quelli celebrati dai media, erano permeati di leggerezza, superficialità e fuga dall’impegno. Credo che non sia affatto vero, che sia solo propaganda: la realtà della nostra vita era tutt’altra, droga, disoccupazione, repressione mentre alla radio passavano ballabili tendencias e new wave e alla televisione mostravano tette e culi. Tanti si adeguavano alla musica leggera, ma tanti altri non ne erano capaci, e tra questi che non ne erano capaci c’ero anche io, e c’erano anche loro. Secondo me si capiva in fretta che, in mezzo al mucchio dei gruppi new wave dell’epoca, i Franti erano una cosa completamente a parte e differente dal resto. Non mi riferisco soltanto allo stile espressivo, ma anche al modo complessivo che avevano di offrirsi, di ragionare, di muoversi, di scegliere e di invitare a scegliere. E i loro testi scavavano a fondo: non so se e quanti altri ragazzi italiani di vent’anni fossero stati in grado di trovare ispirazione dai massacri nei campi profughi di Sabra e Shatila (“Le loro voci”, nel primo album “Luna nera”), o dalla non-vita all’interno delle carceri di massima sicurezza (“Voghera”, nello split-LP con i Contrazione), o certe occasioni di meditazione zen che permeano “Il giardino delle quindici pietre”.

D: I Franti sono rimasti nel cuore di molti …
R: Continuo a ripetermi, ma anche fermandosi solo all’aspetto musicale, il più immediato se si vuole, i Franti suonavano proprio diversi da tutto e da tutti: per fare un esempio grossolano, nei loro dischi non c’era traccia di suoni sintetici. Non usavano, che so, un sintetizzatore DX7 Yamaha o un pad Simmons che allora erano strumenti nuovi e molto diffusi ed emettevano sonorità moderne, nel senso di “di moda”, nel senso quasi di suoni obbligatori. Oltre a questo aspetto tecnico e superficiale, le canzoni dei Franti erano differenti dal solito anche per com’erano organizzate. Sembrava avessero tutti un piede ben saldo nel rock sperimentale degli anni precedenti, mentre l’altro era più avanti a saggiare il terreno, come a cercare un sentiero non ancora tracciato. La musica di Franti era sorprendentemente libera dalle costrizioni di genere, anche oggi dopo più di trent’anni è sempre curioso e sempre piacevole accorgersi che quello di Franti è proprio un genere espressivo a sé.

D: Come hai gestito la ristampa di “Non classificato”?
R: “Non classificato” era già uscito su vinile nel 1987 e come doppio CD nel 1992 per Blu Bus (l’etichetta indipendente creata e gestita da Franti coi Kina, poi mandata avanti solo dai Kina), ma nonostante fosse un titolo ancora piuttosto richiesto non era più stato ristampato. Nel 1999 sono state ritrovate alcune registrazioni risalenti all’ultimo periodo di attività del gruppo, sette canzoni inedite che sono state aggiunte ai due CD delle edizioni precedenti. “Non classificato” è stato pubblicato da stellanera in questa forma nel 1999 e poi ristampato in una veste tipografica leggermente diversa nel 2004. Per l’edizione 2015 è stata ancora modificata la confezione: era necessario correggere i testi e le note tecniche presenti nei libretti delle edizioni precedenti, ne ho approfittato per integrare con altri materiali scritti e grafici. Diversamente da quanto è stato detto in giro, i cd non sono affatto delle versioni rimasterizzate: sono ristampe tratte dai medesimi glassmaster realizzati da Blu Bus ed utilizzati per tutte le edizioni successive da stellanera.

FrantiD: Esistono altre registrazioni dei Franti che non sono finite in “Non classificato”?
R: Di Franti nel 2006 stella*nera ha pubblicato, sempre con la collaborazione attiva dei componenti del gruppo, il cd “Estamos en todas partes”, una raccolta di registrazioni anche inedite dal vivo, in studio, in cantina e radiofoniche del periodo 1981-1986, più una traccia video con il filmato “Bootleg 1985” realizzato da Max Viale montando alcune riprese fatte a un concerto del gruppo al Cinemateatro Massaua di Torino il 14 giugno 1985. In occasione della selezione delle registrazioni che sono poi finite in questo cd, sono state riascoltate parecchie cose su cassetta che poi si è deciso di non utilizzare. E’ anche stata passata in formato digitale la registrazione del concerto a Radio Popolare di Torino fatta nell’aprile 1986, ma non l’abbiamo pubblicata. Una sola canzone, “Voghera”, tratta da quel concerto è stata utilizzata per una compilation a sostegno di Amnesty International e anche per “F/Ear this!”, un album doppio a sostegno della A/Rivista Anarchica.

Riferimenti:
  • Il CD-r “Non un uomo né un soldo …” di Stefano Dellifranti non è distribuito commercialmente, si può richiedere a stella*nera oppure a Dethector in cambio di un’offerta libera/consapevole.
  • Il libro “Franti Non classificato” con 3 CD si può richiedere a stella*nera oppure a Dethector. Ristampa del 2015 a cura di Marco Pandin e Hector con Lalli, Vanni Picciuolo, Massimo D’Ambrosio, Marco Ciari e Stefano Giaccone.
  • Pagina d’approfondimento con materiale “non classificato” sui Franti sempre su stella*nera.

 

5 commenti per Franti 2016 situazione non classificata

  • me li ricordo bene… acqua di luna… mi sa che sto invecchiando

  • Bella e meritevole intervista per un gruppo importante degli anni ’80 … e interessante anche la riflessione su quel decennio, che non amo particolarmente per tanti motivi. Vero che l’effimero, la Milano da bere, e tutte queste cose hanno cancellato il resto, ma vero anche che le istanze più radicali erano ancora più incazzate e vere, di altri momenti dove magari andavano di moda …

  • BELLISSIMA LETTURA, COL SANGUE AGLI OCCHI, RABBIA GIOIA E PUNK.
    GRAZIE PER LA VITA CHE SENTO BATTERE IN QUESTE PAROLE, A VOI CHE ANCORA VI RICORDATE DI NOI, AL PANDIN CHE E’ “frAnti”! mai soli SG

    • Enri1968

      Stefano, ci fa piacere ricevere il tuo commento.
      Penso che sia importante continuare a parlare dei Franti, usando l’esperienza lasciata per continuare a “leggere” il presente.

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